John Plumber lavora alla Informatic Data
Elaboration al numero 76 di Elmo Drive a Highsmith, contea di Newcastle. Ogni
sera la sua prima preoccupazione è salvare il backup dei dati della giornata,
in modo da non perdere il lavoro. La mattina dopo controlla poi che il back up
sia stato effettuato con successo. Una procedura obsoleta coi computer di oggi,
ma per chi ha studiato informatica negli anni Ottanta la maniera di ragionare è
rimasta quella.
John non si chiede più da tanto tempo se è
felice. Le grandi domande di quando era adolescente, sulla vita, l’amore, il
cosmo e le donne ad un certo punto hanno smesso d’interessarlo. Vive da solo in
un piccolo appartamento sulla Queensway, davanti al mercato coperto; si sente
ancora con Mallory, la sua ex fidanzata che per un certo tempo ha convissuto
con lui. Vanno al cinema, a cena fuori: non tanto spesso magari, ma hanno una
sorta di relazione che di tanto in tanto include delle coccole e del sesso. Non
rapporti completi, ma dei baci intimi che tengono lontana l’ansia di entrambi.
John non crede in Dio, crede nella scienza ed
è convinto che non vi sia vita dopo la morte. Tutte le suggestioni delle
religioni -quella cristiana per prima- sul fatto che sia possibile raccogliere
i ricordi della propria vita e viverli di nuovo nell’aldilà con i nostri cari
non ha alcuna logica o fondamento. Quando il nostro corpo muore, la vita
finisce e basta.
Forse restiamo nella memoria di qualcuno per
qualche tempo, o se siamo stati delle persone importanti la nostra opera vive
dopo di noi. Ma questo non succede a tipi come John Plumber. Per lui, e per
milioni come lui, una volta che chiudi gli occhi per l’ultima volta le
sensazioni, i sentimenti e i pensieri vanno perduti.
E’ questo che ci dice la scienza. Il resto
sono speculazioni, suggestioni, superstizioni buone al massimo per ingrassare
qualche pastore, reverendo o covo di suore.
Ogni sera la prima preoccupazione di John Plumber
è salvare i dati di backup della giornata. Ma l’universo non ci ha pensato.
E’ questo che dice la scienza di John
Plumber, la sua e quella di milioni di altri: io sono più intelligente del
cosmo, della natura o di quale altro nome si voglia dare a un Dio che -sia
chiaro- non esiste.
Sono più intelligente dell’universo, a parte
il trascurabile dettaglio che faccio parte dell’universo stesso.
E’ la scienza, che lo dice. Impara da John Plumber, e
camperai cent’anni. Solo quelli però, non un secondo di più, perché dopo la
morte non c’è proprio niente
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