giovedì 27 dicembre 2018

L'ESTATE DI TEX WILLER (in ricordo di Luca) di Gabriele Giustri


L'estate del 1972 fu la più mitica di tutte le estati, più mitica anche di quando io ed Enzo si andò ad Amsterdam a comprare l'LSD per tutta la “Banda”.
Bella la Banda! Che tempi quando c'era la Banda! E quando c'era la Banda, c'era anche Tex Willer.
Noi lo si chiamava così a Novoli. Stava di casa in Via Lippi e Macia e si chiamava Antonio Manetti, ma per tutti era Tex.
La cosa fantastica era che Tex aveva circa trent’anni.
Capivi che era in casa perché metteva gli stivali sul davanzale della finestra. La mamma non voleva che camminasse per la casa con gli stivali di cuoio.
La Banda era formata da sette ragazzini con una età media di dodici anni e da un adulto che credeva di essere Tex Willer.
La gente non pensava bene di noi: “ Ma che ci fate in giro con quel grullerello?”. Per noi però Tex era dei nostri. Tex e la Banda dei sette.
Ci piaceva che Tex venisse fuori con noi, era forte! Conosceva delle storie di paura con le quali ci teneva incollati ad ascoltarlo paralizzati dal terrore, sapeva organizzare le battaglie con le cerbottane ed era bravissimo a costruire le zattere con le quali navigavamo sul Mugnone. Tex forse era pazzo, ma era uno di noi era quello che contava.
Aveva sempre gli stessi pantaloni che portava come il Tex dei fumetti infilati negli stivali. Aveva la camicia e le bretelle. Portava anche la cintura alla quale era legato un piccolo borsello portato a mo' di fondina ma che in realtà conteneva le chiavi di casa, un fazzoletto, duemila lire, e un foglio dove c'era scritto il suo l'indirizzo e il suo numero di telefono.
- Carson, questa sarà un'estate mitica me lo sento, è scritto negli astri!
Si, Carson. Così mi chiamava, come l'amico di Tex. Avevo un buon ascendente su Tex. Ero sempre io che lo andavo a chiamare per uscire. Una volta gli offrii un gelato e fu subito “amore eterno”.
Di lì a qualche giorno sarebbe accaduto un evento che ci avrebbe portato ad essere gli amici di un “eroe”.
Era un caldo boia quella notte, Tex non dormiva, ad un certo punto sentì nitidamente delle grida di donna provenire dalle scale del palazzo dove abitava, non ci pensò su due volte, si vestì e prese il fucile con i tappi di sughero e salì le scale dello stabile.
Al piano di sopra, un appartamento aveva la porta aperta dentro era tutto buio. Addentratosi nell'appartamento Tex sentì una bambina piangere e la voce di un uomo che diceva “chetala o la strozzo!” Tex aprì la porta della camera con un calcio e si senti nitidamente: stoc stoc bang crash! Tex sparò con il fucile giocattolo e i tappi di sughero andarono dritti negli occhi del bandito, subito, come una furia, Tex partì per aggredire il bandito che accecato, sparò a caso colpendo Tex. Anche se non se ne accorse subito, Tex aveva una ferita alla spalla sinistra. Poi dal dolore svenne.
Si risveglio in ospedale dopo l'operazione, la Banda era lì. Io ed Enzo sembravamo più delle guardie del corpo che amici.
Giornalisti, fotografi, amministratori della città, Tex era diventato famoso. La Nazione aveva titolato: “Sventa un furto in un appartamento con un fucile giocattolo”. Il Comune volle perfino premiare il coraggio di Tex con un ricevimento nel salone dei cinquecento.
Da quel giorno Tex fu molto più rispettato nel quartiere e nessuno commentava più il fatto che uscissimo fuori con lui. Tex era praticamente la nostra chioccia.
Un giorno Tex mi chiamò:
- Ciao Luca, ho una brutta notizia da darti” e se mi chiamava Luca e non Carson, c'era sotto qualcosa di grave.
- Devo partire, devo raggiungere mio figlio Kit Willer in Arizona, quel ragazzo è circondato dagli indiani ed io devo andare a parlare con il capo Nuvola Rossa affinché sotterri l'ascia di guerra.
Li per lì detti il giusto peso alla notizia anche perché Tex diceva tante cose e non si poteva credere proprio a tutto. Tex insistette e volle farmi parlare con la sua mamma.
- Eh sì, Antonio deve partire tra qualche giorno
- E quando tornerà?
- Non si sa, ma presto
Tornai subito a casa e raccontai tutto alla mia mamme.
- Va bene guardo se parlerò con la mamma di Antonio per capire bene.
Ci parlò, ma io non capii bene, mi ricordo solo che Antonio era molto malato e che si sarebbe trasferito a Milano dove si sarebbe potuto curare.
Il giorno della partenza tutta la banda era sotto casa sua per un saluto, Tex aveva gli occhi lucidi ma Enzo disse:
- I Ranger del Texas non piangono mai!
- E' vero tizzoni d'inferno, ci vedremo presto, ve lo prometto!
Salutò e salì sulla 850 dello zio e partì.
Non lo rivedemmo mai più.
L'assenza di Tex pesò moltissimo negli anni successivi, non c'era più la chioccia che ci difendeva.
Per la Banda gli anni ottanta furono devastanti. L'eroina di sette ne fece fuori cinque, io e Paolino siamo stati gli unici a sopravvivere, naturalmente ci toccò la comunità di recupero però fummo miracolati.
Paolino si è trasferito a Londra ed ha aperto un ristorante. Io invece ho provato a fare tante cose senza però riuscire in niente, dal dj, all'animatore turistico fino addirittura alla comparsa nei film e telefilm. Ora faccio il magazziniere.
Ma venerdì è successa una cosa incredibile, dopo quasi quarant'anni la persiana della finestra della casa di Antonio era aperta e sul davanzale c'erano due stivali di cuoio, possibile'?
Mi faccio coraggio mi avvicino al campanello e suono.
Dopo qualche istante una voce:
 - Chi è?
Esito un attimo, ma poi senza vergogna:
- Sono Carson, tizzone d'inferno!
- Scendo!

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