“Hai degli occhi che sembrano di un pesce
morto da tre giorni, una bocca che sembra uno scarabocchio e un corpo che
sembra uno scherzo.” disse Marco molto seriamente.
Anna spostò semplicemente il peso da un piede
all'altro, dette una boccata di sigaretta e chiese: “c'è altro?”
“Certo che c'è altro, scema, deficiente che
non sei altro, ecco che altro c'è: gli anni che ho vissuto con te sono stati
pessimi, noiosi, inutili, anzi i peggiori anni che ho mai passato insieme a
qualcuno! Sei sciatta, rompicoglioni, russi, puzzi e scopi male, anzi nemmeno
ti piace il sesso, secondo me, si vede da come lo fai che non ti piace proprio,
ma guarda cosa mi doveva capitare proprio a me, una rompicoglioni sciatta e
noiosa, una lesbica!”
Anna guardò l'orologio, si accomodò gli
occhiali.
“Ma lo sai che mi sento come se mi fossi
risvegliato adesso da un incubo?” continuò Marco, e si tolse il braccialetto
della fedeltà, lo gettò sul lavello, “Ma lo sai che mi sto proprio chiedendo
chi me l'ha fatto fare di stare con te? Ma che mi è capitato? Come ci sono
finito con una come te? Mi hai fatto la macumba? Sei andata da una strega per
rifilarmi un filtro? No, ora tu mi dici come ho fatto a stare tre anni con una
come te che proprio non ci posso credere ora me lo dici come ho fatto, ora che
vedo quello che sei non mi capacito proprio, ma proprio per niente, ora dimmelo
perché sono stato tre anni con te!”
“Stai diventando schizofrenico.” disse Anna,
e dette un'occhiata allo smart phone.
“Guardami quando ti parlo!” urlò Marco e fece
per agguantare Anna, ma Anna lo fermò con lo sguardo.
“Sai che c'è, mi hai sempre fatto schifo!”
sentenziò Marco trionfante “Ora te lo posso proprio dire! Mi hai fatto da
scolo, da buco, ora te lo dico proprio, non sapevo dove infilarlo, non mi si
filava nessuno, ecco perché mi sono messo con te, un maschio deve pur svuotarsi
i coglioni ogni tanto, no? Ecco perché mi sono messo con te, tutto qui, e ora
finalmente è finita! Che liberazione!”
Anna fece un profondo respiro, spostò di
nuovo il peso del corpo, dette l'ultimo tiro alla sigaretta, la spense.
“Che vuoi dirmi adesso?” chiese Marco con un
ghigno.
“Quello che avevo da dirti, te l'ho detto.”
disse Anna.
“Come, non mi dici altro?”
“No” disse, si voltò, Marco l'afferrò per un
braccio: “Dove credi di andare, adesso?”
“A prendere la tramvia.” concluse Anna
liberandosi dalla presa e camminando a grandi passi oltre la porta.
“No! Non andartene!” gridò istericamente
Marco a mani giunte, “Scherzavo! Non è vero che mi fai schifo!” Crollò in
ginocchio, “Non lasciarmi! Ti prego! Io ti amo!”
Anna prese a scendere le scale.
“Anna torna indietro! Io ti ho sempre amata,
io ti venero, io ti adoro! Torna indietro! Farò tutto quello che vuoi, sarò il
tuoi zerbino, il tuo cane! Vuoi che lecchi la suola delle tue scarpe? Vuoi che
scodinzoli?”
Il rumore dei tacchi di Anna si stava
perdendo lungo le scale.
“Non andartene ti prego! Cambierò! Sarò un
nuovo uomo! Ti piacerò di nuovo, vedrai!”
Il suono degli ultimi gradini salì disperato
dall'androne.
“Canterò per te! Vuoi che canti? Lo farò!
Canterò!”
Mentre Anna apriva il portone del palazzo, le
parole di “When the saints go marching in” salirono stentoree e marcate alle
sue spalle.
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