mercoledì 30 settembre 2020

UN GIOVEDÌ di Carlo Banchieri

 

Io ho quel che ho donato.

(Gabriele D'annunzio)

 

 

La mattina alle quattro e mezza ero già pronto ad uscire di casa. Provai la strana sensazione di sentirmi più lucido del solito, nonostante le sole tre ore di sonno che mi ero fatto, probabilmente perché, la sera precedente, avevo saltato la mia razione di melatonina.

Ogni sera da anni la assumevo per cercare di dormire un po' meglio di quanto facessi, provando poi al risveglio una piacevole sensazione di annebbiamento, in genere abbastanza prolungata.

Quella volta, però, dato che avevo previsto una giornata molto impegnativa, decisi di farne a meno. Bevvi un buon caffè ed era proprio quello che mi ci voleva.

Francesca, mia moglie, era già sveglia a quell'ora e continuava a chiamarmi dalla camera. Non si era ancora abituata a vedermi uscire di casa così di buon'ora e così tornai da lei più di una volta, dopo essermi vestito, dopo essere stato in bagno e appena prima di uscire, per rassicurarla che tutto sarebbe andato bene.

Alla fine, lasciai accesa la luce sul comodino vicino a lei e, sebbene la stanza fosse debolmente illuminata, riuscii nell'ombra a notare la gatta, ai piedi del letto, che mi osservava curiosa. Fiammetta, piccola micia, poco avvezza com'era ai cambiamenti, sembrava disorientata e capii che percepiva qualcosa di strano. Dissi a mia moglie di non preoccuparsi, che sarei tornato presto e che avrebbe soltanto dovuto chiudere gli occhi e tornare a dormire.

Tornai in cucina e bevvi ciò che restava della caffettiera. Cinque minuti dopo ero sulla mia automobile, diretto a Lucca, più precisamente nella fabbrica in cui lavoravo. Nel silenzio della mia auto, mi godevo la piacevolissima sensazione di guidare da solo sulla strada buia e deserta.

Non incrociai lungo il percorso neanche una macchina, non una bici, né un camion, pareva che soltanto io andassi a lavorare così presto e credetti di essere fortunato, valutando il fatto che avrei anche finito prima degli altri.

Ad un tratto intravidi una figura, una spanna oltre il raggio d'azione dei fari, che si dimenava agitando le braccia.

Credetti che fosse un uomo, tanto che sul momento mi immaginai si trattasse di un automobilista in panne o di un camionista in difficoltà.

Era invece una donna di mezza età, vestita, mi parve, decorosamente e con un'espressione sconvolta e impaurita, come quella di chi fosse inseguito da un fantasma.

Non so per quale motivo, ma mi fermai, e proprio di fronte a lei.

“Adesso mi chiederà un passaggio.” pensai.

Lei, che pareva esitante e alquanto impacciata nei movimenti, si accostò al finestrino sull'altro lato e facendomi cenno di aprirlo mi disse implorando: “La prego!”

Io, senza pensarci più di tanto, lo feci e le chiesi che cosa le fosse successo e se avesse bisogno di aiuto. Nel frattempo lanciai un'occhiata all'orologio sul cruscotto perché sapevo che avrei potuto trattenermi al massimo per cinque minuti, calcolando che così sarei arrivato al lavoro per tempo.

La donna interruppe le mie valutazioni rispondendomi in tono accorato, ma risoluto, e, contrariamente a quanto presumevo, mi chiese subito del denaro.

Giustificò poi la sua richiesta parlandomi dell'auto in panne, del fatto che era rimasta senza benzina, mentre sarebbe dovuta tornare il più presto possibile a casa sua in non so quale posto vicino a Firenze e per non so quale grave motivo.

Non prestai molta attenzione alle sue parole. Pensai che avesse solo bisogno di soldi e so bene che, in certe situazioni, si direbbe qualsiasi cosa pur di ottenerli.

“D'accordo.” le dissi io tagliando corto.

Aprii il portafoglio e le detti dieci euro, gli unici che avessi con me.

Devo ammettere che, in situazioni simili, ma con altro tipo di persona, data l'ora ed il luogo, non sarei stato altrettanto generoso. Quella donna però mi era parsa davvero in difficoltà e oltretutto non sembrava una poco di buono, così senza alcuna riluttanza glieli diedi.

Lei estrasse dalla tasca della giacca una penna ed un foglio di carta, sul quale credetti che scrivesse il suo indirizzo, rassicurandomi poi del fatto che mi avrebbe sicuramente restituito il denaro.

Mi sembrò sincera e così le risposi che non ce ne sarebbe stato bisogno e che lo avevo fatto con piacere, ma lei insistette e così, per farla breve, presi quel foglietto, lo misi in tasca e, salutandola, ripartii. Ritrovandomi nuovamente da solo, mi venne in mente che una volta avevo letto una frase che diceva, a proposito dell'onestà: “Le persone oneste si riconoscono dal fatto che compiono le cattive azioni con più goffaggine.”

“Per essere goffa, era goffa.” pensai, e in un attimo mi convinsi che mi avesse fregato. Comunque, dato che dieci euro in meno non mi avrebbero di certo ridotto in miseria, mi dissi che, se anche quella donna si fosse poi rivelata un'ingannatrice, mi sarei tenuto il bidone e nel peggiore dei casi avrei imparato che oggigiorno non c'è da fidarsi proprio di nessuno.

Una volta in marcia, continuavo a ripensare a quello che era appena accaduto.

Era stato un fatto decisamente insolito, quasi surreale.

Oltretutto era successo tutto in maniera talmente veloce che la sensazione che sentivo predominare in quel momento pareva come suggerirmi che non fosse addirittura mai capitato nulla.

Sarà stato per colpa del sonno che ancora intorbidiva la mia mente, ma mi trovavo a ripensare a quel fatto come ad un qualcosa di talmente irreale, che mi pareva di non essermi mai neanche fermato.

Decisi addirittura che avrei fatto una sosta per controllare se i dieci euro fossero stati ancora nel mio portafogli.

Naturalmente subito dopo mi resi conto che non c'erano più.

Ripartii nuovamente spingendo sull'acceleratore per riuscire ad arrivare in tempo per timbrare il cartellino e così alla fine arrivai in orario. Intorno alle due del pomeriggio, uscito dalla fabbrica, mi ritrovai imbottigliato nel traffico sulla strada di casa.

Quando mi capitò di ripercorrere il tratto in cui avevo avuto quello strano incontro, mi tornò alla mente il foglio di carta che avevo ancora nella tasca dei pantaloni.

Lanciai un'occhiata allo specchietto e accostai per avere la possibilità di leggerlo con attenzione. Aprii il foglio stropicciato sul quale la donna aveva scritto l'indirizzo di casa e la parola

“Grazie.”

“Accidenti! - pensai - È successo un miracolo! E non è neanche Domenica!” 

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