Non c'è modo
di sfuggire alla spietata persecuzione dei viventi! Provi a praticare la virtù
(o almeno il contegno) e ti bollano ora come snob o insensibile, ora come
crumiro o moralista, ora come bigotto o intollerante. Viceversa, fai il
liberista puro e in ogni caso apriti cielo: diventi comunque il traditore di
qualche fottuto assioma etico impostato di default nel loro microencefalo. A
questo punto, chiunque con un conto in banca inferiore al triliardo volesse
cimentarsi nel compiacere l'universo mondo, finirà per imporsi un eclettico e
funzionale equilibrio comportamentale: essere indifferente o partecipe,
distante o entusiasta, lento o veloce, mite o incazzato a seconda dell'effettiva necessità o convenienza.
E qui, nel segno dell'aurea mediocritas, come la chiamavano gli antichi,
emergono i conflitti di identità.
Ci ho anche provato, ma proprio niente da fare. Anzi, ho generato un
consenso trasversale di vaffanculi senza precedenti, scontentando fasci e
comunardi, mistici e razionalisti, cattolici e satanisti, estranei e
conoscenti, cittadini irreprensibili e criminali consumati. Tutti finalmente
d'accordo nel disprezzarmi quale meschino semiuomo.
E allora me
ne vado coi miei amici a mangiare alla trattoria di Castello, tanto più che si
festeggia anche il compleanno di Andre: quale scusa migliore per concedersi una
serata conviviale da cui sia bandita ogni vibrazione negativa? Per chi ha ormai
abdicato alla movida lisergica o sessualmente promiscua, specie noi che abbiamo
penosamente scollinato sui quaranta, non esiste niente di meglio. Almeno al
prezzo di 25 euri.
Ci si
ritrova a casa dello stesso Andre, che mi ha già confermato la presenza di
Sandro, Lore, Lapo e io, Franchino, Nicola, e Nicolino con la Betta. Una
comitiva di tutto rispetto. Ma io, per bilanciare l'età media di tavolate come
questa, in parte anche ispirato dal modello letterario del Satyricon
petroniano, mi sono assicurato di presentarmi accompagnato dall'aitante
pischello Matteo, il cui ancor giovane sangue risulta indispensabile per alcuni
dei nostri rituali. Gli ho garantito che avrei pagato la cena e si è aggregato
senza far storie (il mio pinopelosi!).
Dopo un po'
di flanella, alle 20 e 41 ci sediamo a tavola. Mi piazzo a capotavola,
rispettivamente affiancato dal veterano Andre e dalla recluta Matte, coi quali
siglo un patto entusiasta e scellerato; è quello che si potrebbe tecnicamente
definire un convivial threesome: ogni piatto che ordiniamo lo dividiamo
in tre.
Antipastiamo
con sagacia: crostini misti, zuppa di cozze, e frittura mista di pesce.
I crostini
dell'Antonella, tipicamente toscani, spariscono in un microsecondo. La zuppa di
cozze è un nostro classico, tradizionalmente sponsorizzato da Andre: viene
servita in una conchetta di coccio, il cui fondo è guarnito di fette di pane
deliziosamente impregnate dal guazzetto. Anche questa scompare in fretta. Più
impegnativa la frittura mista, ordinata sull'onda dell'entusiasmo, e sempre
varia ed abbondante; in questo caso abbiamo le nostre risapute preferenze:
ciascuno va ghiotto di un pezzo diverso. I gamberoni se li pappa interi Matte
(io neanche saprei come mangiarli), mentre Andre spazzola in ispecie i
tentacoli fritti di cui, a differenza di me, va ghiotto, mentre io mi concedo
gamberetti e totani. Nicolino e consorte si concedono a loro volta una frittura
mista, mentre Sandro e Nicola, più alteri e aristocratici, indulgono ad un
tagliere toscano. Gli altri non mi ricordo, erano troppo lontani dalla mia
postazione.
Pit stop:
sigaretta davanti alla porta con scambi di battute cordiali fra avventori
abituali, ed ecco che l'amorevole Ivana viene ad avvisarci che il primo è stato
servito. Nel nostro caso si tratta dei ravioli con robiola, rucola e speck
dell'Antonella, mica cazzi: van giù che è una gioia. Ci limitiamo ad una sola
scelta di pasta dacché per il round finale si profila una vera e propria sfida:
il Carnaio, con cui – mi rendo conto –
ci giochiamo bellamente la nostra buona fetta di lettori veg.
Le seconde
portate, apoteosi della serata, constano di: un indecifrabile “vitello di
maiale imporchettato” buonissimo e in generosa quantità, tagliata della casa
con rucola, funghi e grana, e, infine, il famigerato e mai troppo acclamato Orecchio
d'Elefante, ovvero una monumentale braciola fritta larga come un lenzuolo.
Patatine fritte dalla madonna in persona e vinello amabile. Alla fine, l'usuale
boccia di lemoncello offertaci dalla casa: di certo sanno come assicurarsi il
nostro apprezzamento. E io, in cambio, ne faccio letteratura.
Anch'io voglio le patatine fritte dalla Madonna!
RispondiElimina