Io ho
quel che ho donato.
(Gabriele
D'annunzio)
La mattina alle quattro e mezza ero già pronto ad uscire di casa. Provai la strana sensazione di sentirmi più lucido del solito, nonostante le sole tre ore di sonno che mi ero fatto, probabilmente perché, la sera precedente, avevo saltato la mia razione di melatonina.
Ogni sera da anni la
assumevo per cercare di dormire un po' meglio di quanto facessi, provando poi
al risveglio una piacevole sensazione di annebbiamento, in genere abbastanza
prolungata.
Quella volta, però,
dato che avevo previsto una giornata molto impegnativa, decisi di farne a meno.
Bevvi un buon caffè ed era proprio quello che mi ci voleva.
Francesca, mia
moglie, era già sveglia a quell'ora e continuava a chiamarmi dalla camera. Non
si era ancora abituata a vedermi uscire di casa così di buon'ora e così tornai
da lei più di una volta, dopo essermi vestito, dopo essere stato in bagno e
appena prima di uscire, per rassicurarla che tutto sarebbe andato bene.
Alla fine, lasciai
accesa la luce sul comodino vicino a lei e, sebbene la stanza fosse debolmente illuminata,
riuscii nell'ombra a notare la gatta, ai piedi del letto, che mi osservava
curiosa. Fiammetta, piccola micia, poco avvezza com'era ai cambiamenti,
sembrava disorientata e capii che percepiva qualcosa di strano. Dissi a mia
moglie di non preoccuparsi, che sarei tornato presto e che avrebbe soltanto
dovuto chiudere gli occhi e tornare a dormire.
Tornai in cucina e
bevvi ciò che restava della caffettiera. Cinque minuti dopo ero sulla mia automobile,
diretto a Lucca, più precisamente nella fabbrica in cui lavoravo. Nel silenzio
della mia auto, mi godevo la piacevolissima sensazione di guidare da solo sulla
strada buia e deserta.
Non incrociai lungo
il percorso neanche una macchina, non una bici, né un camion, pareva che soltanto
io andassi a lavorare così presto e credetti di essere fortunato, valutando il
fatto che avrei anche finito prima degli altri.
Ad un tratto
intravidi una figura, una spanna oltre il raggio d'azione dei fari, che si
dimenava agitando le braccia.
Credetti che fosse un
uomo, tanto che sul momento mi immaginai si trattasse di un automobilista in
panne o di un camionista in difficoltà.
Era invece una donna
di mezza età, vestita, mi parve, decorosamente e con un'espressione sconvolta e
impaurita, come quella di chi fosse inseguito da un fantasma.
Non so per quale
motivo, ma mi fermai, e proprio di fronte a lei.
“Adesso mi chiederà
un passaggio.” pensai.
Lei, che pareva
esitante e alquanto impacciata nei movimenti, si accostò al finestrino
sull'altro lato e facendomi cenno di aprirlo mi disse implorando: “La prego!”
Io, senza pensarci
più di tanto, lo feci e le chiesi che cosa le fosse successo e se avesse
bisogno di aiuto. Nel frattempo lanciai un'occhiata all'orologio sul cruscotto
perché sapevo che avrei potuto trattenermi al massimo per cinque minuti,
calcolando che così sarei arrivato al lavoro per tempo.
La donna interruppe
le mie valutazioni rispondendomi in tono accorato, ma risoluto, e, contrariamente
a quanto presumevo, mi chiese subito del denaro.
Giustificò poi la sua
richiesta parlandomi dell'auto in panne, del fatto che era rimasta senza benzina,
mentre sarebbe dovuta tornare il più presto possibile a casa sua in non so
quale posto vicino a Firenze e per non so quale grave motivo.
Non prestai molta
attenzione alle sue parole. Pensai che avesse solo bisogno di soldi e so bene che,
in certe situazioni, si direbbe qualsiasi cosa pur di ottenerli.
“D'accordo.” le dissi
io tagliando corto.
Aprii il portafoglio
e le detti dieci euro, gli unici che avessi con me.
Devo ammettere che,
in situazioni simili, ma con altro tipo di persona, data l'ora ed il luogo, non
sarei stato altrettanto generoso. Quella donna però mi era parsa davvero in
difficoltà e oltretutto non sembrava una poco di buono, così senza alcuna
riluttanza glieli diedi.
Lei estrasse dalla
tasca della giacca una penna ed un foglio di carta, sul quale credetti che scrivesse
il suo indirizzo, rassicurandomi poi del fatto che mi avrebbe sicuramente
restituito il denaro.
Mi sembrò sincera e
così le risposi che non ce ne sarebbe stato bisogno e che lo avevo fatto con piacere,
ma lei insistette e così, per farla breve, presi quel foglietto, lo misi in tasca
e, salutandola, ripartii. Ritrovandomi nuovamente da solo, mi venne in mente
che una volta avevo letto una frase che diceva, a proposito dell'onestà: “Le
persone oneste si riconoscono dal fatto che compiono le cattive azioni con più
goffaggine.”
“Per essere goffa,
era goffa.” pensai, e in un attimo mi convinsi che mi avesse fregato. Comunque,
dato che dieci euro in meno non mi avrebbero di certo ridotto in miseria, mi
dissi che, se anche quella donna si fosse poi rivelata un'ingannatrice, mi
sarei tenuto il bidone e nel peggiore dei casi avrei imparato che oggigiorno
non c'è da fidarsi proprio di nessuno.
Una volta in marcia,
continuavo a ripensare a quello che era appena accaduto.
Era stato un fatto
decisamente insolito, quasi surreale.
Oltretutto era
successo tutto in maniera talmente veloce che la sensazione che sentivo predominare
in quel momento pareva come suggerirmi che non fosse addirittura mai capitato nulla.
Sarà stato per colpa
del sonno che ancora intorbidiva la mia mente, ma mi trovavo a ripensare a quel
fatto come ad un qualcosa di talmente irreale, che mi pareva di non essermi mai
neanche fermato.
Decisi addirittura
che avrei fatto una sosta per controllare se i dieci euro fossero stati ancora
nel mio portafogli.
Naturalmente subito
dopo mi resi conto che non c'erano più.
Ripartii nuovamente
spingendo sull'acceleratore per riuscire ad arrivare in tempo per timbrare il cartellino
e così alla fine arrivai in orario. Intorno alle due del pomeriggio, uscito
dalla fabbrica, mi ritrovai imbottigliato nel traffico sulla strada di casa.
Quando mi capitò di
ripercorrere il tratto in cui avevo avuto quello strano incontro, mi tornò alla
mente il foglio di carta che avevo ancora nella tasca dei pantaloni.
Lanciai un'occhiata
allo specchietto e accostai per avere la possibilità di leggerlo con
attenzione. Aprii il foglio stropicciato sul quale la donna aveva scritto
l'indirizzo di casa e la parola
“Grazie.”
“Accidenti! - pensai - È successo un miracolo! E non è neanche Domenica!”
Nessun commento:
Posta un commento