Dal mito primordiale della Grande Madre alla simbologia legata alle divinità femminili nel bacino del Mediterraneo e nel medio Oriente, viene celebrato dall’essere umano il ciclo di nascita-maturità-vecchiaia-morte-rigenerazione, che caratterizza sia le vite umane sia i cicli naturali e cosmici. Il grembo materno, la culla della vita è un elemento ancestrale di mediazione tra il mondo umano e quello divino. I rituali in onore delle Dee femminili in età neolitica, nell’antico Regno di Israele e nel mondo greco romano -le raffigurazioni delle "veneri steatopigie", le installazioni sacre di Asherah, i cerimoniali misterici dedicati a Gea, Demetra e Persefone- segnano il volgere delle stagioni, ma anche la domanda universale degli esseri umani di rinascere, secondo il ciclo naturale di fertilità che vede il seme rinascere dalla terra.
Oggi
la dea Madre ha il volto di donne comuni, di differenti età, che hanno
attraversato o stanno per provare l’esperienza di partorire un figlio.
Lavoratrici, migranti, mogli o donne o singole: aldilà di quanto codificato a
livello sociale e personale in una società strutturata e moderna, delle
tecnologie, delle regole, i rituali legati alla fertilità restano immutati nel
tempo. Il corpo e la psiche cambiano per preparare l’arrivo di una nuova vita,
dal nulla si genera un nuovo essere che deve essere accolto e protetto: uno
scambio di sangue, fluidi e caratteri che attraversano la Madre e raggiungono
la sua creatura. Questo passaggio lascia segni, visibili e invisibili che
portano a un mutamento nel fisico e nell’esperienza della Madre, rendendola
essa stessa protagonista e partecipe del ciclo della vita.
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