lunedì 17 settembre 2018

DISTOPIA 95 di Gila Manetti


La mossa geniale dell’ultimo regno fu l’idea di far passare come suprema libertà quella di essere schiavi: una progressiva e vertiginosa diminuzione delle possibilità che dava una folle gioia aromatizzata alla sicurezza.
Ci appostammo in file interminabili per possedere avanti agli altri una nuova limitazione.
Fummo laddove arrivavano i lumi a led del progresso.
Girovagammo con plug anali, punzoni nel derma, nelle vene port basculanti con cateteri di medicamenti a catena, indossammo mille altri tiranti per tenerci verticali e appartenere a qualcosa.
Perenne, più di ogni altro sussidio, desiderammo ed artigliammo, un panorama virtuale proiettato dentro gli occhi che restituisse un senso al tempo.
Ecco, cosi fummo, così estremamente allineati da non percepire che la schiena del precedente e l’affanno del seguente, due confini tattili ci contenevano in quei corpi disegnati fitti di ribellione a perle di saggezza e grafi tribali.
Non ci accorgemmo quando e come e chi e perché e cosa e dove.
Non ci accorgemmo.
Fummo il 95% di qualcosa,
questo ricordo.
Dunque non chiedermi oltre, rammento a stralci, quest’oblio mi dondola perpetuo come un’inferno intiepidito dalla noia, le parole le ripesco da un vocabolario perduto e agganciato nella mia resiliente memoria; un’ultima cosa la mantiene in vita: il desiderio e la speranza tu sia scappata.

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