La mossa
geniale dell’ultimo regno fu l’idea di far passare come suprema libertà quella
di essere schiavi: una progressiva e vertiginosa diminuzione delle possibilità
che dava una folle gioia aromatizzata alla sicurezza.
Ci
appostammo in file interminabili per possedere avanti agli altri una nuova
limitazione.
Fummo
laddove arrivavano i lumi a led del progresso.
Girovagammo
con plug anali, punzoni nel derma, nelle vene port basculanti con cateteri di
medicamenti a catena, indossammo mille altri tiranti per tenerci verticali e
appartenere a qualcosa.
Perenne, più
di ogni altro sussidio, desiderammo ed artigliammo, un panorama virtuale
proiettato dentro gli occhi che restituisse un senso al tempo.
Ecco, cosi
fummo, così estremamente allineati da non percepire che la schiena del
precedente e l’affanno del seguente, due confini tattili ci contenevano in quei
corpi disegnati fitti di ribellione a perle di saggezza e grafi tribali.
Non ci
accorgemmo quando e come e chi e perché e cosa e dove.
Non ci accorgemmo.
Fummo il 95%
di qualcosa,
questo
ricordo.
Dunque non
chiedermi oltre, rammento a stralci, quest’oblio mi dondola perpetuo come
un’inferno intiepidito dalla noia, le parole le ripesco da un vocabolario
perduto e agganciato nella mia resiliente memoria; un’ultima cosa la mantiene
in vita: il desiderio e la speranza tu sia scappata.
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