Si
era alzato con un mal di testa martellante. Della sera prima aveva un ricordo
confuso: pasticche, alcol, miliardi di visi e musica ad alto volume che solo
ripensarci in questo momento sembrava che le tempie gli sarebbero potute
scoppiare all’istante. Nella cucina troppo piena di sole aveva indossato gli
occhiali scuri, scavalcato alcuni vestiti abbandonati in terra e si era
piantato come un mendicante davanti alla macchina del caffè, che con uno sbuffo
gli aveva consegnato pietosa la vasca di caffè che sperava lo avrebbe rimesso
in sesto. Aspirina? Mah, forse dopo. E ora accasciato sul tavolo, tenendosi la
testa per non lasciarla crollare nella tazza, cercava di riordinare i pensieri
e di scacciare quel dolore sordo nello stomaco. Il vuoto pneumatico lo
circondava come un plotone di esecuzione. Tutto quello che riusciva a fare era
abbassare lo sguardo nel caffè, per non vedere quella fucilazione imminente,
che lo lasciava perennemente sospeso, in attesa di morire eppure mai morto,
svuotato, disorientato, inutile. La sera si stordiva fino a tardi per riuscire
a dormire almeno una manciata di ore, ma la mattina tutto tornava come prima,
anzi peggio, a braccetto di una disperazione sempre crescente, un mostro nero
che da piccolo neo era diventato un orrendo conglomerato sopra il suo petto,
rendendogli impossibile respirare correttamente.
Aveva
provato ad affogarsi in ogni specie di attività, dalla corsa alla canoa, dal
lavoro al sesso, aveva guardato compulsivamente ogni tipo di serie televisiva,
giorno e notte, fino a individuare perfettamente tutti gli schemi narrativi.
Aveva preso più aerei di un pilota, raggiungendo angoli inesplorati di mondo,
aveva frequentato ogni social ossessivamente per poi cancellare ogni profilo,
sia quelli fittizi che quelli veri - quale fosse la reale distinzione non
avrebbe saputo dirlo.
Aveva
frequentato sciamani, psicologi, stregoni, guru, coach, aveva perfino vissuto
per un mese in un monastero come ospite silenzioso (e ateo). Fino ad approdare
a queste piccole caramelle colorate, ai bicchieri, alle bottiglie,
all’annichilimento di ogni senso e di ogni pensiero.
Ormai
viveva solo per i temporali. Davanti all’infuriare degli elementi, quando
vedeva volare oggetti sul terrazzo, mentre la pioggia sembrava graffiare le
vetrate e i lampi squarciavano il nero del cielo come coltellate al cuore, la
sua ansia pareva placarsi. Come davanti a una giusta punizione, si sentiva
liberato da quella morsa che gli stringeva gli organi interni e lo svuotava di
energia.
Contemplando
il cerchio scuro della tazza si domandava se ci fosse una porta nascosta solo
ai suoi occhi. Un maniglione antipanico da premere in caso di incendio - o di
glaciazione - per cambiare schema, per ritrovarsi fuori dalla programmazione
video e ricollocarsi in un’altra esistenza. Questa volta compiuta, piena,
positiva.
La
matita dell’ikea stava proprio lì accanto alla tazza, al posto del cucchiaino.
Mezza mangiucchiata, era ancora più corta del dovuto, quasi impossibile da
maneggiare. La sollevò e la osservò attentamente prima di riuscire a ricordarsi
cosa fosse e a cosa servisse. La provò sulla superficie non trattata del
tavolo: funzionava.
Avrebbe
fatto una lista.
AZIONI ( CHE
RIMANGONO DA FARE )
Una
lista di cose da fare per tappare il buco. Quel foro sempre più enorme in cui
stava scivolando la sua vita senza che lui potesse trattenerla. Lo sciacquone
universale, il buco nero di ciò che era. Avrebbe fatto un elenco ordinato e lo
avrebbe seguito con precisione militare. Sarebbe andato in ordine sparso,
seguendo il filo naturale dei suoi pensieri - anche se proprio naturale non
era, ancora alterato dagli stravizi della sera precedente.
1.
ABBAIARE AL
CANE DEI VICINI. MAGARI AVREBBE SMESSO DI FARLO LUI QUANDO LO SENTIVA PASSARE.
NANO PULCIOSO.
2.
ANDARE DAL
DENTISTA. AVEVA UNA PELLICINA DI POP CORN INCASTRATA TRA LA GENGIVA E IL MOLARE
DA ALMENO UN MESE. UN FASTIDIO INFINITO.
3.
MANGIARE IN
QUEL NUOVO RISTORANTE ALL’ANGOLO. IL PASTO DEL CONDANNATO.
4.
RIPASSARE LE
CONIUGAZIONI IN SPAGNOLO. NON SI PERDONAVA DI AVER PERDUTO LA SUA FLUENCY.
5.
ANDARE IN
CHIESA, ACCENDERE UNA CANDELA E PREGARE. SI SA MAI.
6.
NON TELEFONARE
PIÙ A SUA MADRE. NESSUNO QUANTO LEI RIUSCIVA A FARLO SENTIRE INUTILE. VECCHIA
STRONZA.
7.
SMETTERE DI
BERE CAFFÈ. E ANCHE IL RESTO. E ANCHE DI MANDARE GIÙ QUELLE CARAMELLE COLORATE
CHE DEFORMAVANO TUTTO.
8.
CHIEDERE SCUSA
A SUO FRATELLO. NON PER TELEFONO. NON PER MAIL. ANDARCI DI PERSONA.
9.
RIDERE.
10.
RICOMINCIARE.
ANCORA. ANCORA. ANCORA.
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