lunedì 17 settembre 2018

LA LISTA di Sabrina Carollo


Si era alzato con un mal di testa martellante. Della sera prima aveva un ricordo confuso: pasticche, alcol, miliardi di visi e musica ad alto volume che solo ripensarci in questo momento sembrava che le tempie gli sarebbero potute scoppiare all’istante. Nella cucina troppo piena di sole aveva indossato gli occhiali scuri, scavalcato alcuni vestiti abbandonati in terra e si era piantato come un mendicante davanti alla macchina del caffè, che con uno sbuffo gli aveva consegnato pietosa la vasca di caffè che sperava lo avrebbe rimesso in sesto. Aspirina? Mah, forse dopo. E ora accasciato sul tavolo, tenendosi la testa per non lasciarla crollare nella tazza, cercava di riordinare i pensieri e di scacciare quel dolore sordo nello stomaco. Il vuoto pneumatico lo circondava come un plotone di esecuzione. Tutto quello che riusciva a fare era abbassare lo sguardo nel caffè, per non vedere quella fucilazione imminente, che lo lasciava perennemente sospeso, in attesa di morire eppure mai morto, svuotato, disorientato, inutile. La sera si stordiva fino a tardi per riuscire a dormire almeno una manciata di ore, ma la mattina tutto tornava come prima, anzi peggio, a braccetto di una disperazione sempre crescente, un mostro nero che da piccolo neo era diventato un orrendo conglomerato sopra il suo petto, rendendogli impossibile respirare correttamente.
Aveva provato ad affogarsi in ogni specie di attività, dalla corsa alla canoa, dal lavoro al sesso, aveva guardato compulsivamente ogni tipo di serie televisiva, giorno e notte, fino a individuare perfettamente tutti gli schemi narrativi. Aveva preso più aerei di un pilota, raggiungendo angoli inesplorati di mondo, aveva frequentato ogni social ossessivamente per poi cancellare ogni profilo, sia quelli fittizi che quelli veri - quale fosse la reale distinzione non avrebbe saputo dirlo.
Aveva frequentato sciamani, psicologi, stregoni, guru, coach, aveva perfino vissuto per un mese in un monastero come ospite silenzioso (e ateo). Fino ad approdare a queste piccole caramelle colorate, ai bicchieri, alle bottiglie, all’annichilimento di ogni senso e di ogni pensiero.
Ormai viveva solo per i temporali. Davanti all’infuriare degli elementi, quando vedeva volare oggetti sul terrazzo, mentre la pioggia sembrava graffiare le vetrate e i lampi squarciavano il nero del cielo come coltellate al cuore, la sua ansia pareva placarsi. Come davanti a una giusta punizione, si sentiva liberato da quella morsa che gli stringeva gli organi interni e lo svuotava di energia.
Contemplando il cerchio scuro della tazza si domandava se ci fosse una porta nascosta solo ai suoi occhi. Un maniglione antipanico da premere in caso di incendio - o di glaciazione - per cambiare schema, per ritrovarsi fuori dalla programmazione video e ricollocarsi in un’altra esistenza. Questa volta compiuta, piena, positiva.
La matita dell’ikea stava proprio lì accanto alla tazza, al posto del cucchiaino. Mezza mangiucchiata, era ancora più corta del dovuto, quasi impossibile da maneggiare. La sollevò e la osservò attentamente prima di riuscire a ricordarsi cosa fosse e a cosa servisse. La provò sulla superficie non trattata del tavolo: funzionava.
Avrebbe fatto una lista.




AZIONI ( CHE RIMANGONO DA FARE )

Una lista di cose da fare per tappare il buco. Quel foro sempre più enorme in cui stava scivolando la sua vita senza che lui potesse trattenerla. Lo sciacquone universale, il buco nero di ciò che era. Avrebbe fatto un elenco ordinato e lo avrebbe seguito con precisione militare. Sarebbe andato in ordine sparso, seguendo il filo naturale dei suoi pensieri - anche se proprio naturale non era, ancora alterato dagli stravizi della sera precedente.


1.     ABBAIARE AL CANE DEI VICINI. MAGARI AVREBBE SMESSO DI FARLO LUI QUANDO LO SENTIVA PASSARE. NANO PULCIOSO.
2.     ANDARE DAL DENTISTA. AVEVA UNA PELLICINA DI POP CORN INCASTRATA TRA LA GENGIVA E IL MOLARE DA ALMENO UN MESE. UN FASTIDIO INFINITO.
3.     MANGIARE IN QUEL NUOVO RISTORANTE ALL’ANGOLO. IL PASTO DEL CONDANNATO.
4.     RIPASSARE LE CONIUGAZIONI IN SPAGNOLO. NON SI PERDONAVA DI AVER PERDUTO LA SUA FLUENCY.
5.     ANDARE IN CHIESA, ACCENDERE UNA CANDELA E PREGARE. SI SA MAI.
6.     NON TELEFONARE PIÙ A SUA MADRE. NESSUNO QUANTO LEI RIUSCIVA A FARLO SENTIRE INUTILE. VECCHIA STRONZA.
7.     SMETTERE DI BERE CAFFÈ. E ANCHE IL RESTO. E ANCHE DI MANDARE GIÙ QUELLE CARAMELLE COLORATE CHE DEFORMAVANO TUTTO.
8.    CHIEDERE SCUSA A SUO FRATELLO. NON PER TELEFONO. NON PER MAIL. ANDARCI DI PERSONA.
9.     RIDERE.
10.   RICOMINCIARE. ANCORA. ANCORA. ANCORA.

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