Mi
accoglie in una salone con muri di pietre a vista e un camino plurifamiliare
con inciso sopra 1860, ma sono le uniche concessioni alle morbide onde gialle
delle colline intorno: il divano è largo, di un riposante azzurro cielo, e
tutto intorno, dal tappeto rosso e oro a contrasto steso sul pavimento, alla
lampada nell’angolo, un filo attorcigliato che parte dalla schiena di un
elefante e termina in un vezzoso ombrellino di cristallo trasparente, tutto è
ricercato e magari d’antiquariato.
Dalla
soglia una bella donna, da più vicino una presunta tale: rughe impercettibili
intorno alle labbra, due marcate e lunghe fin quasi alle tempie partono dall’angolo
di ciascuno degli occhi; si concede una scollatura ampia bordata di perline,
malgrado delle macchie che scendono rapide nell’incavo fra i seni; lo sguardo
sornione, con sprazzi luminosi di curiosità.
Ma
tutto nell’insieme non esprime vecchiaia esperta e pomposa, ma una vita vissuta
negandosi poco o nulla.
“Io
penso che tutti nella vita, in un certo momento preciso di questa vita, ogni
tanto, spesso, vogliamo cambiare: prendere la direzione opposta o solo
modificare il nostro aspetto, in modo da apparire un po’ diversi rispetto a
prima. Chi cambia in realtà lo fa per gli altri, non creda a chi dice che lo fa
per sé stesso, vuole un altro sguardo su di sé da parte del prossimo, vuol far
cambiare idea a chi lo conosceva in quella determinata veste fino a quel
determinato attimo in cui si decide di apportare, appunto, quelle variazioni a
sé stessi. E’ chi cambia ad avere di
fronte a sé un pubblico, vero o immaginato. Poi c’è chi muta, e quella è
un’altra cosa”
Sorride
vagamente sognante, rivolta alle folate di vento sommesse ma continue, che
entrano fra le ante socchiuse della finestra e le tende di lino. Un momento di
riflessione si incastra fra le due ali disegnate delle sopracciglia.
“Chi
muta vuole essere un altro, non un sé stesso un po’ cambiato ma un altro da sé,
un altro simile a lui per tanti aspetti o un altro con qualche cosa in comune
con lui o un altro totalmente diverso rispetto a lui ma un altro. Del resto in
natura funziona così: la farfalla che esce dalla crisalide è un’altra cosa rispetto
al bruco, un’altra creatura che non ha niente a che vedere col bruco, non è
solo e semplicemente diversa, è un’entità totalmente differente e alternativa.
Le madri delle varie specie non danno vita ad una loro prosecuzione, con
qualche caratteristica in più o in meno, o qualche variazione sul tema, ma ad
un’altra entità, un essere completamente staccato da loro. Mutare è imitare la
natura nella maniera più logica”.
Allunga
il collo segnato ma ancora dotato di un’energica eleganza verso uno spiazzo
oltre la porta finestra, dove, forse spontaneo, forse orchestrato per fornire
una dimostrazione pratica, si allunga dondolante il corteo della Blu di Russia
e due gattini, che di scatto all’improvviso, inarcando la schiena, allungano la
zampetta per tentare di acchiappare la lunga e cangiante coda della madre o lo
stecchino implume del fratello.
Si
gira di scatto, decisa ad affermare una verità che dovrebbe essere evidente ed
invece rimane sconosciuta ai più.
“E
chi muta davvero, fra noi umani, è solo l’artista. C’è chi lo fa per noia, chi
per proseguire nella spensieratezza dell’infanzia, sfuggire alla pesantezza
delle responsabilità adulte, chi per spirito innato d’avventura, come un
esploratore ai confini di un nuovo continente, sul bagnasciuga di un mare sconosciuto,
uno scienziato alle prese con qualche esperimento. C’è chi lo fa,
semplicemente, perché non ama la su vita, rifiuta quello che gli è toccato. Non
vuole cambiare qualcosa della sua vita, ne vuole un’altra. Questo è stato il
mio caso e così sono salita su un palcoscenico”.
Taglia
corto, non vuol parlare di questo adesso, è altro che ha in mente.
Poi
mi guarda meglio, forse legge la sorpresa e la delusione in fondo agli occhi,
concede con un’alzata di spalle.
“No,
no, niente di traumatico, scioccante o comunque succoso per chi ci leggerà. Era
solo una vita noiosa.
Troppo
in contrasto con le fantasie e le speranze di chi l’ha fatta venire fin qui per
parlarne. Alla fine la gente ne rimarrebbe delusa ed è troppo rischioso
deludere un pubblico. Solo i grandi se lo possono permettere ed anche loro a
caro prezzo. Non sono certo modesta ma nemmeno così immaginifica”.
Allunga
una mano, giocherella col pendente colorato di un paralume poi si gira verso di
me e butta lì , in tono malizioso “Facciamo così, si inventi qualcosa lei, di
piccante ovviamente” , ci ripensa, con un dito fra le labbra, poi aggiunge “Di
piccante con qualcuno morto da celibe, per evitare problemi”.
“Un
cambiamento si può anche aspettare, se siamo persone pigre o comunque prive di fantasia,
non è necessario cercarlo o tentare di produrlo da noi stessi. Basta aspettare
e si cresce, si matura, si invecchia, fino alla morte, l’ultimo risolutivo
cambiamento. Cambiamento, badi bene, non mutamento. Se crediamo che dopo la
morte non esista nulla, resteremo ciò che siamo stati in vita ed a maggior
ragione non potremo più trasformarci in qualcos’altro. Se crediamo che qualcosa
esista, dovremo entrare nell’aldilà così come siamo, come ci troviamo, per
essere assolti o condannati in modo adeguato”.
Si
ferma, fa apparire un’espressione compiaciuta.
“Ma
un mutamento, un mutamento presuppone sempre un’azione, l’azione della scelta”.
Un
suono strano, una specie di brusio, sale veloce e attraversa una delle pareti,
segue un piccolo tonfo ovattato.
“Immaginerà
che ho passato molto tempo negli alberghi. Quando ero troppo stanca per fare
altro, mi divertivo ad ascoltare i rumori che venivano dalle altre camere. Voci
di tutti i tipi, che discutevano, parlavano rilassate, gemevano, urlavano,
piangevano. Sedie spostate o trascinate, passi felpati nei bagni, oggetti
appoggiati con discrezione sui lavandini o sui ripiani degli specchi, o al
contrario, docce che non si preoccupavano di scorrere con noncuranza sui
mobili. Se avessi potuto parlare cinque minuti coi proprietari di tutti quei
rumori, avrei scelto di essere uno di loro”.
Sospira,
uno degli angoli della bocca si allunga verso l’alto.
“Un
attore o un ballerino scelgono un ruolo e mutano in un personaggio. Uno
scrittore sceglie una trama e muta in uno dei personaggi di una storia, o in
tutti, o in nessuno, muta nel giudice che li guarda da fuori e poi ne decide le
sorti. Un musicista insegue una sensazione e diventa una melodia. Ed ognuno di
loro può, a sua volta, scegliere di farlo tante volte, ogni tanto o perfino
un’unica, perfetta volta. Se è vero, come credo, che è poca la libertà di cui
ognuno di noi può realmente disporre nella vita, e che questa libertà, alla
fine, è soprattutto libertà di scegliere, allora un’artista non solo fa della
scelta il suo stile di vita ma può anche scegliere quando e quante volte
scegliere, quando iniziare e quando finire di scegliere”.
Si
accende una luce sulla collina di fronte, un’ombra scura cala su tutte le cose.
“La
libertà è leggera come un passatempo ed impegnativa come un ruolo drammatico”
Si
guarda le mani che stringono un lembo della camicia e sospira di nuovo.
“Non
sono mai stata di lunghe spiegazioni col mio uditorio. In un pubblico ci sono
tanti tipi di persone. Quando scegli di esprimerti in modo semplice le
raggiungi tutte, e si può essere quasi sicuri che tutte apprezzeranno”.
E’
già buio quando vado via. Un orlo rosa sfumato di violetto segue la linea di un
poggio.
Una
stella piccolissima e luminosissima, già alta sull’orizzonte, sceglie di
sporgersi a guardarmi.
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