Maledetto turno serale. Terminare stanchi,
poi inerpicare su tornanti senza illuminazione per infilarsi sotto le tanto
agognate coperte. Lassù, nella dimora che aveva scelto, dove il mondo si
estingueva e ogni rumore si faceva selvatico.
Quella sera la fiacchezza del rientro gli
ronzava attorno. Si accaniva all'altezza delle palpebre oscurando la strada già
nera e tinteggiata di una nuova notte alle porte. Curva dopo curva, proprio
dove i lati della strada cominciavano a rivestirsi di robinie che si
intersecavano ai rovi, dove il manto stradale si trasformava in terra, sassi,
buchi, se non addirittura voragini. Voragini che sembravano spostarsi ogni
giorno quasi per fare un dispetto. Menomale che aveva il 4x4, si ripeteva
sempre. Era già passato quasi un anno da quando aveva fatto quella scelta di
vita che in pochi riuscivano a comprendere o interpretare. Da solo, tra le
sorelle minori delle Alpi, le Prealpi, in quella antica abitazione in mezzo
alle rovine dimenticate che chiamava paese. Lui, e i due anziani che ancora ci
vivevano. Nati, cresciuti e invecchiati in quel luogo che sembrava appartenere
a un passato ormai esaurito.
Come ogni odiatissimo rientro serale, la
consuetudine lo pedinava. Trovava lungo la risalita quel cagnaccio nero,
pelosissimo, che correva chissà dove con la lingua a penzoloni e quegli occhi
marroni schizzati fuori dalle orbite. Aveva chiesto informazioni in passato, ma
pareva non appartenere a nessuno. Tutti lo conoscevano, ma nessuno sapeva dove
andasse a cacciarsi durante il giorno. Tranne questa volta. E a scoprirlo doveva
essere stato un grandissimo pezzo di stronzo.
Quella sera lo aveva incrociato quasi
all'altezza del paese; non lo aveva mai visto così vicino. Di solito era molto
più diffidente nella sua isterica corsa notturna. Ora il cagnaccio non filava
come al solito. Zoppicava per qualche metro e si fermava a tormentarsi la zampa
posteriore. Mordicchiandola. Così ha deciso di rallentare, e poi, dopo aver
visto una striscia di sangue lasciata da quel corpo peloso e nero sull'asfalto
illuminato dai fari anabbaglianti, di accostare per accertarsi della
situazione. Ha percorso qualche metro per raggiungere un piccolo spiazzo sulla
destra della strada dove di solito parcheggiavano i fungiatt, gli scocciatori
del fine settimana.
L'animale ha osservato la macchina fermarsi,
la portiera aprirsi e ha provato a zoppicare via con la lingua che pendeva
verso destra. L'uomo ha preso un pezzo di panino che aveva avanzato dal pranzo
e ha deciso di usarlo per tentare di avvicinare quell'animale che sembrava più
selvatico dei caprioli che spesso incrociava durante la risalita verso casa.
Aspetta ha detto lui con un tono di voce
tanto dolce che non pensava nemmeno di possedere. L'animale, come se si fosse
accorto di quella soffice attenzione, si era fermato in mezzo alla strada con
l'aria incerta di chi si sentiva perduto. Smarrito più che mai. A questo punto
gli lanciava un pezzo di prosciutto attendendo che il cane si avvicinasse. Dopo
qualche istante e qualche difficoltoso passo verso l'uomo, il cane stramazzò al
suolo creando lo stesso rumore netto e deciso che fa un albero quando crolla a
terra.
Lui gli era corso incontro e si era
inginocchiato per cercare di capire la gravità della situazione e della ferita
in particolare. In quel gran buio ridimensionato soltanto dai fari della sua
macchina non riusciva a capirci granché. Aveva deciso di portarlo a casa con sé
e aspettare l'indomani per portarlo dal veterinario. Lo aveva caricato in
macchina per quei pochi metri che rimanevano. Poi, una volta preso in braccio,
si era stupito di quando fosse leggero e di quanto quel volume fosse
determinato soltanto dal pelo lanoso che lo rivestiva. Lo aveva appoggiato per
terra all'entrata del garage, aveva cercato una coperta e lo aveva condotto
dentro casa. Lo aveva messo vicino alla luce per vedere bene la ferita e
tentare di disinfettarla. Il sangue sembrava essersi fermato anche se la ferita
appariva profonda. Una volta disinfettato, lo aveva adagiato vicino al camino
che cominciava a scoppiettare di un nuovo bruciare. Lo aveva acceso per dare un
po' di accogliente tepore all'ospite tanto debilitato. Poi se ne era andato a
letto confidando nel risveglio senza un tragico finale.
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