Gli capita di leggere articoli che raccontano
di gente molto strana. Pare infatti che sia gente che vorrebbe dormire meno.
Per avere più tempo. Per fare una cifra infinita di cose.
Queste parole gli capitano sott'occhio
soprattutto la sera, quando vorrebbe essere stanco, come qualsiasi essere
vivente sulla faccia della terra.
Scorre pagine che parlano di un tale che sta
puntando alle quattro ore di sonno per realizzare le sue sterminate passioni.
Insomma, gli piace soffermarsi sula follia umana espressa in tutte le sue mille
sfaccettature. E mentre cerca di mantenere l'attenzione sulla riga su cui si è
inchiodato, si stropiccia prima un occhio e poi l'altro. Perché gli fanno male.
Quel male affilato che parte da dentro, come un invisibile spillo che punge dal
nucleo interno del cervello.
A furia di non dormire, si è ritrovato due
occhiaie sotto agli occhi che ricordano un pugile con una difesa scadente. Ed è
per questo motivo che tutti, ma proprio tutti, nella valle desolata da cui se
sono fuggite anche le lacrime, lo chiamano Rocky.
Le occhiaie sono talmente scure che paiono
quasi lenti da sole, i Rayban a specchio di uno sbirro americano. Gli manca
soltanto la montatura, ma di quella chi se ne frega.
Per non farsi mancare nulla, sotto agli occhi
sono presenti anche le gonfie e rugose borse che ricordano il muso di uno
Sharpei. Capienti come borsoni, ingombranti come valigie. Sembrano le valigie
per chi è sempre in viaggio, in perenne esplorazione nel continente della
veglia.
Rocky non dorme da anni, se non più di una
risicata mezz'ora a notte. Qualche anno fa, ha addirittura raggiunto le tre ore
e quarantadue minuti, poi basta. Fine della festa.
Da allora, lavora il giorno e vive la notte.
Lavora come elettricista, cercando, visto la lucidità che ha smesso di
incontrare lungo la via, di non cadere dalla scala, di non crivellarsi una
gamba con il trapano o di ammaccare il furgone del suo capo contro un cancello,
magari quello dei suoi stessi clienti. Sa di essere costantemente sotto
osservazione. In pochi credono alla storia dell'insonnia, e, il suo capo,
piccolo artigiano lombardo simpatizzante del duro lavoro e del sacrificio, non
è tra questi. Gli piace fare la vita nelle lunghe notti luganesi, dice.
Ma Rocky non conosce né casinò né bordelli. O quasi.
A volte si dimena nel letto, altre nemmeno ci
prova. Butta l'occhio su qualche notizia, poi prende la macchina e comincia le
sue torpide scorribande per la valle dormiente. Un tour dei pochi posti aperti
per i rari nottambuli come lui.
Così si parte dal bar sotto casa che, alle
undici, abbassa la serranda. Poi al disco-bar “Da Gioele” che si permette
addirittura di chiudere all'una. Poi un giro tra i pochi supermercati che, da
poco, hanno deciso di tenere aperto h24, nell'inospitale nord del varesotto.
Ricorda bene quando lo ha scoperto; si è
lustrato gli occhi stanchi, alla vista di quel cartello affisso all'entrata di
un punto vendita della nota catena francese. Da allora questa è una delle sue
tappe preferite, conosce tutte le cassiere, gli scaffalisti e i magazzinieri, i
turni, la disposizione dei vari prodotti e si tiene anche aggiornato sulle
offerte settimanali. Il Direttore del punto vendita gli ha persino consigliato
di mandare il Curriculum Vitae. Ci sta ancora pensando, del resto, quando si
dorme così poco, il pensiero fa un po' fatica a carburare.
Dopo l'accurato giro del supermercato, Rocky
se ne va nel locale notturno che sta proprio attaccato al confine svizzero. Ci
va perché conosce praticamente tutti. Certo, c'è anche qualche spettacolino
sexy, ma lui lo osserva disinteressato, con lo stesso occhio pigro con cui
potrebbe guardare Marzullo scostarsi il ciuffo a notte fonda in tv. Da quando è
insonne, cioè da troppi anni, ne ha visti di culi all'aria e di tette in mezzo
ai pali, tanto che ora non gli fanno più né caldo né freddo. Ormai conosce i
nomi di tutte le spogliarelliste e molte sono diventate sue confidenti. Gli
parlano e sanno che Rocky non è tipo da provarci per poi cercare di portarsele
a letto. Infatti a quell'ora incomincia ad avvertire la stanchezza che gli pesa
sulle palpebre fino alle ventuno della sera successiva, quando si ritrova
sveglio come il più bastardo dei grilli. E se le palpebre sono pesanti,
figuriamoci il resto.
Le ragazze e i barman sono tutti alla mano.
Gli stanno quasi tutti simpatici. Forse perché sono animali notturni, proprio
come lui. Un po' per scelta, un po' per costrizione, con le pupille dilatate,
la parlantina e movimenti accelerati tra le luci bassissime di una piccola
fetta di mondo che non vuole dormire. O che non riesce. E Rocky ne sa qualcosa.
Sono tanti a smascellare o a tirare di naso,
ma fa parte del gioco. E' difficile reggere, notte dopo notte, se non si
appartiene a quel genere di nottambuli che manco gli passa per l'anticamera del
cervello di tuffarsi in un letto e magari coricarsi.
Così rimane nel locale a chiacchierare fino
alle cinque e mezza passate. Poi saluta tutti, compreso il gestore che chiama
per nome, a volte per soprannome, scambia qualche chiacchiera con il buttafuori
per discutere dell'andamento della serata e sul fatto che oggi la gente è molto
più cafona di un tempo. Di solito chiude il discorso sussurrandogli con una
certa complicità che il suo, sì che è un lavoro cazzutissimo. Gli tira
una pacca sulla spalla abnorme e si incammina verso casa. Si fa una di quelle
docce che non può rigenerare nulla e si ficca addosso i vestiti da lavoro che
puzzano sempre di ferraglia.
E' presto, come sempre. Il ritornello di una
vita senza sonno, un'esistenza con quel sapore di eterno che tende quasi a
nauseare. Allora esce a fare colazione al bar, dove ritrova tutti gli
artigiani, vestiti più o meno come lui, che inaugurano le giornate prima ancora
dell'alba. Oppure i netturbini che hanno appena terminato l'ennesimo turno. Per
questi ultimi ha un debole, e loro lo sanno. Si cercano, si trovano, provano a
farsi l'occhiolino, con quegli occhi gonfi che narrano, tra le acute sinfonie
delle tazzine, certe storie di nottate senza fine.
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