giovedì 31 ottobre 2019

OFFICINA di Gila Manetti


Cadde lentamente,
rovistando fra le sue interiora,  scricchiolando ormai vuoto, cadde implodendo
come cadono gli imperi.


Si era alzato come ogni mattina traccheggiando fra le lenzuola calde e il ghiaccio del pavimento di marmo nero, un indugio troppo lungo, al quale si incollò un susseguirsi di consuetudine frettolosa: entrare nell’agenda che lo avrebbe voluto in disparati spazi in ravvicinati tempi.
Indispensabile.
AD della D.org.
Dunque, come sempre, doverosamente impeccabile.
Psycocalistenics, sauna, abluzioni, estratto, abito, scarpe. Accessori opzionali. Lift. Garage

Via.

Arrivato al cancello in apertura una mano aperta chiese la sua attenzione: un imprevisto.

Una donna vestita di viola e verde con i capelli fulvi e l’aria di chi non vuol fare tanti convenevoli chiese con poche quiete parole un passaggio verso un luogo che avesse un’officina meccanica.

Non avendo scuse a disposizione David la fece salire accanto a sé; ricalcolando la tabella dei tempi e della coscienza era senz’altro il gesto più appropriato.
Grazie, rispose la donna, possiamo anche non parlare, aggiunse stringendogli la mano sul volante e riportandola in grembo dopo un attimo, come un’intesa fra umani.
Quel contatto morbido, inaspettato e informale paralizzò David per qualche istante, si voltò verso la donna, quella sorrise.

Anche con gli occhi.

Avrebbe voluto farla scendere, l’abitacolo si stava saturando del suo odore di frutti di bosco.
La donna piegò il capo di lato e con le sopracciglia alzate mormorò una N interrogativa.
David si riscosse dal torpore, le tolse gli occhi dai grandi occhi chiari e partì girando verso destra, come ogni mattina.

Un’inquietudine lo avvolse,
come l’angoscia della sera.
Come la nudità svelata dei propri alibi.

Espirare inspirare.

Espirare inspirare.

Lentamente.

Ecco, adesso era soddisfatto, anzi quasi meravigliato da una sorta di solletico interno.

Si concentrò sulla strada ma non riusciva ad estraniarsi da quei colori, il tocco tiepido, quegli odori che lo portavano a ripercorrere gli spazi giocosi della sua infanzia.

Uno formicolio intenso lo pervadeva, come una primavera fuori stagione.
Superò il bivio per l’autostrada preferendole le vie secondarie con gli alberi ai lati e le curve.
Compose dentro di sé la parola

c o n t e n t o.

Spense con il tasto omni off ogni apparecchio.

Si sentiva ripieno, inebriato da quella presenza serena; voleva rimanere più a lungo in quel rifugio dal tempo, in quel silenzio accogliente.

Quella donna che gli sedeva accanto riverberava il suo essere a casa ovunque.
Il formicolio divenne più forte, come un frinire di cicale.
Insostenibile.

Allora frenò fino a fermarsi, sganciò la cintura e si voltò con tutto il corpo; la donna gli prese le mani. Lui sorrise anche con gli occhi, sentì un fitta profonda e il cuore rompersi in cento pezzi.

Una frase curiosa si formulò sottile sulle sue labbra:

Dove si è guastata la tua auto?

Non ho nessuna vettura, rispose la donna mentre un rombo forte li investiva come un’onda; è questa l’auto che ha bisogno di essere riparata.

Fu sbalzato in aria come un tappo di champagne.

Poi
Cadde lentamente,
rovistando fra le sue interiora,  scricchiolando ormai vuoto, cadde implodendo
come cadono gli imperi.
Rimase un profumo di frutti di bosco e un sorriso.

Nessun commento:

Posta un commento