mercoledì 30 settembre 2020

ANNO 2320 di Sabrina Carollo

Una fila breve e ordinata. Ovviamente. Del resto bastava prenotare il proprio ingresso e all’ora precisa era possibile entrare, senza aspettare. Le persone, se proprio necessario, potevano sedersi su confortevoli panchine all’ombra dell’albero che ciascuna aveva in dotazione; quelle poche presenti parlavano sottovoce per non disturbare gli altri. Ovviamente. All’ora stabilita, la porta si aprì e le persone vennero accolte da un cortese impiegato a disposizione dei pochi che potevano nutrire qualche dubbio rispetto alle indicazioni fornite dal sito internet o che preferivano comunque essere accompagnati nell’ala del museo che volevano visitare. Arturo si diresse con passo sicuro verso la sua ala preferita, quella in cui poteva ammirare la serie completa di Head di Francis Bacon.

I musei erano rimasti tra i pochi motivi per cui spostarsi fisicamente. Gli uffici pubblici erano tutti completamente informatizzati e non era necessario recarsi di persona negli edifici amministrativi per alcun motivo. In caso di - rarissime - necessità di chiarimenti, un impeccabile servizio di appuntamenti per videochiamate metteva in contatto gli ologrammi del richiedente e del personale di servizio, che era fornito di una propria postazione domestica da cui collegarsi per lavorare. In effetti, gli edifici amministrativi non esistevano più. Così come non esistevano più gli uffici privati: il terziario era tutto completamente elettronico e ogni abitazione era attrezzata con un confortevole ambiente di lavoro perfettamente collegato. Le produzioni industriali, del resto, erano tutte completamente robotizzate e le supervisioni venivano effettuate da remoto da competentissimi operai specializzati. Ovviamente.

Dalla spesa quotidiana agli acquisti più impegnativi, le merci venivano automaticamente prelevate dagli scaffali - gli stessi su cui prima erano state automaticamente depositate - da bracci elettronici semoventi e caricate in vetture prive di conducente programmate per seguire l’itinerario più efficiente sulla base delle richieste inviate dagli utenti.

Gli ospedali poi erano stati tra i primi edifici a essere dismessi. I medici visitavano tramite ologramma direttamente a casa, dove ciascuno poteva contare su un apparecchio infermieristico che eseguiva il programma stabilito dal medico; ogni edificio - o ogni quartiere residenziale, in caso di abitazioni monofamiliari - era poi dotato di personale specializzato che risiedeva nel condominio o in zona e interveniva in caso di necessità semplicemente facendo le scale. Ogni corpo era sottoposto a controlli automatici durante il sonno, quando il letto provvedeva alla scansione delle carni per verificarne il corretto funzionamento e il naturale processo di invecchiamento.

Gli insegnamenti erano trasmessi ai discenti da remoto: ogni alunno poteva contare su lezioni personalizzate di insegnanti appassionati e specializzati che creavano con ciascuno un percorso specifico i cui tempi e modi si adattavano perfettamente alle necessità di ogni singolo individuo.

I corpi si muovevano per lavoro solo in ambiti estremamente limitati: per esempio per portare i bambini dai quattro ai quattordici anni al centro educativo di quartiere, un piccolo edificio sempre edificato nel cuore di un enorme giardino alberato, dove si svolgevano quasi tutte le lezioni, in gruppi di tre o quattro fanciulli per insegnante. Durante i primi anni di vita ai genitori era concesso di dedicarsi interamente ai figli, con l’assistenza da remoto di psicologi e pedagogisti. Ovviamente.

Qualcuno amava ancora andare a teatro; pochi eccentrici, invero, poiché la maggior parte usufruiva della possibilità di assistere alle piece via ologramma, che componeva il lavoro degli attori su un palco virtuale, fornendo allestimenti di primissima qualità, senza scomodare nessuno.

I ristoranti rappresentavano un tipo di attività svanita da tempo, di quelle che i nonni a stento ricordavano fosse esistita quando erano bambini, una sorta di leggenda per chi, come Arturo, cucinava nella propria cucina professionale domestica e affidava le consegne per essere recapitate in tempi rapidissimi a chi le aveva ordinate. Per mantenere intatta la qualità del prodotto, aveva fatto un ulteriore investimento scegliendo di affidarsi a un veicolo a cuscinetto d’aria, che gli garantiva di fornire il cibo perfettamente impiattato senza che ci fossero problemi di dinamica. Peraltro il traffico scorreva regolarissimo e senza incidenti, poiché nessuno più guidava. Le vetture circolanti erano tutte automatizzate e seguivano un percorso preciso, coordinato con quello di tutti i mezzi che stavano viaggiando da un sistema centralizzato che le faceva fluire come acqua nelle tubature. Ovviamente.

Discoteche e concerti erano correttamente regolamentati, le persone potevano ritrovarsi per ballare e ascoltare musica insieme, dopo un passaggio nella camera di disinfezione in cui erano scannerizzati e sanificati da ogni tipo di disturbo contagioso; se necessario, in caso di virus persistenti, venivano avvisate e si allontanavano spontaneamente, raggiungendo velocemente la propria abitazione per sottoporsi alle cure necessarie.

Ma non era certo la morte della socializzazione, tutt’altro! Non solo c’erano ancora gli aperitivi, i locali dove trascorrere una piacevole serata, le passeggiate lungo il corso, le attività sportive, ma si erano aggiunte le sale a tema in ogni quartiere, in cui a rotazione era affrontata una discussione - attorno a un’opera d’arte, un libro, un contenuto filosofico o spirituale o qualunque altro argomento - e i partecipanti, seduti in confortevoli poltrone oppure in forma ologrammatica, scambiavano le proprie opinioni, ascoltavano, dibattevano, facendo così conoscenza con persone nuove e diversi punti di vista.

La principale differenza era che nessuno aveva più un’automobile: il mezzo preferito per spostarsi, oltre ai propri piedi, era la bicicletta, e quando impossibile fare altrimenti c’era un raffinato sistema di car sharing sempre ovviamente a conducente automatizzato, che prelevava le persone direttamente sotto casa all’ora richiesta. In questo modo i veicoli in circolazione erano pochi e sicuri - peraltro le strade dei pedoni e dei ciclisti erano differenti da quelle dei veicoli di trasporto automatico.

L’inquinamento dell’aria era stato drasticamente ridotto e le città erano rigogliose di giardini, pulite e silenziose.

Arturo si sedette davanti alla Head II del suo artista preferito. Era un passatista: durante le sedute di psicologia che venivano fornite settimanalmente come pratica di educazione civica, il suo psicologo lo aveva invitato a interrogarsi sul perché preferisse le opere di un artista così caotico e lontano dal sentire contemporaneo. Per quanto ci riflettesse, non riusciva a trovare una risposta. Eppure tornava sempre lì, come un metallo al magnete, a fissare quelle figure scomposte e distorte. E allo stesso tempo vive, pulsanti di dolore. Il dolore: ormai una parola, difficile da scomporre in emozioni reali, in sensazioni. Da quando il mondo era stato unificato sotto il Governo Unico del Nord, grazie alla pace e alla tecnologia le condizioni di vita erano diventate tali da aver praticamente cancellato ogni forma di sofferenza. Le persone erano in salute, l’ambiente era sicuro, l’equilibrio psicologico raggiunto. Le minoranze rispettate - il concetto stesso di minoranza era stato superato e i ragazzi ne leggevano sui libri di storia che avidamente divoravano, interessati a tutte le materie perché consapevoli dell’importanza della cultura. La politica era democratica e pacata; nessuno urlava. La delinquenza era stata praticamente annullata - anche perché era impossibile sfuggire alle maglie del controllo.

Arturo osservava il Bacon. Una luce perfetta ne illuminava ogni dettaglio. Ma lui continuava a non capire.

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