martedì 30 marzo 2021

HÔTEL AVENIR MONTMARTRE di Emanuele Ninotti

Boulevard de Rochecouart, numero 39. Giugno. Parigi la mattina è un dipinto di Renoir. Il sole delinea perfettamente ogni dettaglio della Ville Lumière.

Giacomo ha il sonno leggero e viene svegliato dai rumori della città, che salgono fin su nella stanza N° 603 dell’Hôtel Avenir Montmartre.

Sofia, al contrario, non viene destata dalla gazzarra cittadina e dorme al suo fianco, rannicchiata su di un lato, i capelli arruffati che le coprono parte del volto. Sonnecchia beata come una bambina. Il viso, rivolto verso di lui, poggiato sul dorso della piccola mano, le palpebre chiuse le addolciscono gli occhi e la bocca è arricciata in un smorfia tenera, un po’ infantile. Le leggere coperte bordeaux l’avvolgono interamente, fino al viso, facendo da cornice a quella bella immagine. Giacomo la contempla con uno sguardo intenso, chiude gli occhi voracemente, interrompendo l’estasi visiva per una frazione di secondo, come per scattare una fotografia ed imprimere nella memoria quel momento così perfetto. Lei è un bocciolo di rosa ammantato dalla rugiada fresca.

Si alza con cautela, attento a non far rumore. I piedi toccano lo strato di moquette che copre il pavimento, è soffice e arruffato in migliaia di ricci microscopici, lo aiuta nell’essere furtivo come un felino.

Sebbene sia tarda mattina e il sole sia alto nel cielo, la stanza è poco illuminata. I raggi di luce entrano da un’unica porta finestra che si affaccia su un terrazzino, incastonato nel tetto, lastricato di zinco color prugna. La 603 è infatti una piccola mansarda. La vernice lucida, cerata, delle pareti, è di un vivace giallo canarino che riverbera in tutto l’ambiente una luce pallida.

Giacomo si dirige verso il cucinotto e pigia il pulsante di accensione della macchinetta del caffè. Si china per estrarre dal comò una tazzina di ceramica che poggia sotto il beccuccio della macchinetta, al suo interno lascia cadere due zollette di zucchero. L’acqua nel bollitore raggiunge la temperatura e inizia a gorgogliare e la spia del bottoncino diventa verde, Giacomo lo preme, la macchietta emette un leggero tremito vibrante, il caffè esce con un getto morbido, caldo, si riversa nella tazzina.

Esce sul terrazzino e siede su una sedia di ferro battuto.

Davanti si stende l’Arrondissement numero diciotto: Montmartre, sveglio già da un po’, preso da una frenesia turistica. Sullo sfondo un cielo turchese. Gruppi di persone salgono la scalinata che porta alla collina dove svetta il Sacré Coeur nel suo lucente travertino bianco; la cupola maggiore e le due più piccole affianco, la statua Jeanne d’Arc che accoglie all’ingresso. Sotto la finestra dell’albergo si srotola il largo Boulevard alberato, c’è un via vai incessante dalla fermata del Metrò Anvers. Dalla Brasseire Les Oiseaux, all’angolo con Square d’Anvers, spicca in volo il profumo di croissant e café avec du lait.

Per un attimo sogna ad occhi aperti che in quella stessa strada abbia passeggiato un giovane Hemingway, magari in compagnia di Scott Fitzgerald. Se li immagina che salgono insieme la scalinata del Sacro Cuore, parlando dei loro scritti oppure di uno dei dipinti di Cézanne o Manet. Il primo aitante, il secondo malinconico. La génération perdue.

Rue de Steninkerque si dipana come un rivolo tra i palazzi, stretta e piena zeppa di negozi di cianfrusaglie. Il quartiere è un una tela colorata da tempere vivaci e vibra come la vita. Immagina come sarebbe la vita lì, in tutte le stagioni.

Nel pomeriggio vuole portare Sofia a fare un giro di Parigi, in una di quelle vetture che portano la bella insegna Taxi Parisen. Senza una meta precisa; ciò che desidera veramente è sedersi con lei, dietro, sui sedili posteriori, aspettando che gli stringa la mano, come fa sempre quando sono in macchina, oppure in treno o in aereo. Lui allora la guarderà e vedrà il suo profilo immobile, proteso in avanti, verso l'avvenire. Sullo sfondo Parigi, che scorre veloce attraverso il vetro lucido del taxi: le strade, i palazzi, gli alberi, i marciapiedi con la gente che passeggia, i giochi di luce e ombra; tutto si mischierà, i colori e le forme, come se l'avanzare del taxi fosse accompagnato da pennellate feroci che amalgamano la città.

Attenderà l'istante, quello in cui sovverrà in lui la piena sensazione di esistere e l'essenza dell'amore lo toccherà con tutta la sua leggerezza e pesantezza insieme.

È consapevole che quell'attimo si dileguerà che durerà un'inezia; ma fosse anche per una frazione di secondo, quell'attimo riuscirà a rompere la linearità del tempo, a farli entrare nella metafisica delle emozioni e uscire dall'universo terreno, primitivo, che scivola irrimediabilmente verso la sua stessa fine e per Giacomo sarà abbastanza.

Sente Sofia che si sveglia e si stiracchia nel letto, strusciando il corpo snello tra le lenzuola.

Rientra e viene accolto dal calore della stanza, chiude la finestra per impedire che si disperda.

Si china su di lei, con le labbra accarezza le sue, le passa una mano tra i capelli e le fa il solletico sul collo.

Apre gli occhi, le dà il buongiorno.

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