domenica 31 ottobre 2021

METEORA di Francesco Barilli

Il mondo s’ammalò di vecchiaia.

I primi segnali si ebbero col diffondersi, di una nuova, potente droga, il Meteora, i cui nefasti effetti collaterali provocavano un invecchiamento cellulare rapido e precoce. Si raccontava che uno degli ingredienti di quel misterioso stupefacente fossero granuli estratti da frammenti di materiale meteoritico, precipitati sul terreno della Scozia, pochi anni prima.

Le catastrofiche conseguenze del diffondersi della droga raggiunsero le dimensioni di un’epidemia, quando il male s’estese, senza assunzione diretta, anche agli altri esseri umani, agli animali, alle piante. I cicli di crescita, sviluppo, invecchiamento degli esseri viventi raggiunsero velocità inimmaginabili: il mondo conosciuto pareva stesse morendo di vecchiaia. Presto ci si accorse però che il male sviluppava in alcuni individui potenziamenti sensoriali, nella sfera della volontà, della creatività, che vennero a creare un forte ostacolo agli effetti negativi

Ci si convinse che stimolando, potenziando le nuove capacità, questi uomini potessero porre un freno alla rovina.

Si crearono così le Comunità Scudo, che si diffusero numerose, ma milioni di individui, vecchi, malati, deformi, ne rimasero fuori, abbandonati alla rovina.

Una di queste Comunità Scudo si stabilì a Londra, in un quartiere di nuova costruzione che aveva ospitato 10 anni prima la Grande Esposizione Universale chiamata “Le Meraviglie del Secolo”. Qui l’ingegno umano era costantemente stimolato: il popolo dei sopravvissuti instaurò una dittatura, alla quale si aderiva spontaneamente, senza costrizioni, e il cui fine e unica condizione di permanenza mirava alla completa realizzazione delle ambizioni personali degli abitanti. Non v’era posto, nel nuovo ordine, per coloro che, deboli e malati, popolavano i territori circostanti.

 

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Nel posto dove abitavo, una volta c’erano tanti alberi. Erano grandi, quando d’inverno perdevano le foglie assomigliavano alle mani di giganti sepolti nel suolo. Poi un giorno venne la primavera, ma le foglie non tornarono. Il bosco vicino alla mia casa si era seccato. Era invecchiato, molto velocemente. La sua pelle si era avvizzita, si era coperta di rughe, come quella di tanti ragazzi che avevo visto ammalarsi. Il mondo si ammalò di vecchiaia. Dopo tanti anni passati a fingere di preoccuparsi di tutto il male che gli stavamo facendo, alla fine ciò che ci circondava si ammalò. Non si trattava più di quello che noi sporcavamo, o rendevamo inquinato; all’improvviso la Terra smise di leccarsi le ferite e si abbandonò alla stanchezza e alla corruzione. Forse per via di quel meteorite, come scrissero i giornali. Secondo qualcuno era quella droga, iniziata a circolare senza che nessuno sapesse da dove provenisse. E che si diffuse, prendendoci tutti. Anche chi era innocente. Io ricordo soltanto, quella mattina, davanti a quegli alberi secchi, un piccolo, minuscolo, passerotto. Si avvicinava a un tronco, non sarebbe riuscito ad alzarsi in volo; all’inizio mi parve malato. Si lasciò prendere, e se ne stette silenzioso, dentro il palmo della mia mano, a lasciarsi osservare. Non avevo mai visto tanta stanchezza negli occhi di una bestiola. Aveva l’aspetto di un animaletto di cent’anni. Solo una settimana fa guardavo le sue piccole piume, lucide e morbide, e lui pieno di vita, sull’erba.

 

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