domenica 31 ottobre 2021

PRANZO DI GALA di Andrea Consonni

È andata che appena lei ha saputo che il cinema avrebbe ospitato un incontro fra scrittori, registi, pensatori, filosofi, giornalisti, presenzialisti, influencer, recensori e parenti/cani/gatti/rettili annessi mi ha chiamato per dirmi che era la volta buona per farla finita con tutto.

“Dobbiamo svoltare Andre, davvero vuoi andare avanti con la vita che stai facendo?”

Io stavo sul balcone a bere l'ottava birra della giornata e a rileggere la mail della direzione che mi comunicava che dal 1 di giugno non avrei più goduto, in quanto lavoratore precario, di alcun sussidio sul reddito e che mi sarebbero state pagate solo le ore effettivamente lavorate.

Rapido conto: 48 questo mese.

Nel palazzo affianco muratori frontalieri sfondavano pareti ascoltando Vasco e dando della troia a qualunque donna sopra i 14 anni passasse sul marciapiede.

Lei che prosegue con un Divertiamoci, tanto a te a non te ne frega un cazzo di finire in carcere. Ti faccio quasi un piacere, almeno non pensi più a come stare a campare. Anche se ti rinnovano il permesso che cazzo pensi di combinare nei prossimi mesi?”

A quel punto ci siamo messi a studiare la lista degli invitati che ci ha spedito per posta cartacea. Io, lei e altri dieci fra colleghi e ex colleghi incazzati neri.

Abbiamo analizzato i loro libri, i loro film, le storie su Instagram, i profili Twitter, Facebook, Telegram, i loro blog, siti, i loro articoli sui giornali. Tutto di tutto. Un mese pieno. Tanto non stavamo lavorando un cazzo e non avevamo altro da fare se non prosciugare i conti in banca. Siamo andati a sbirciare le loro sponsorizzazioni, se si erano prestati a pubblicizzare prodotti culinari, le loro comparsate nei programmi di cucina, i riferimenti gastronomici nelle loro opere, le rubriche di cucina sui giornali.

Ci siamo dedicati allo scrittore della Bassa che rimpiangeva l'odore di maiale che si respirava dentro alle osterie e disprezzava i grandi chef stellati, a quello fissato con Petrolio e la carbonara, all'attivista che giocava a imitare Hemingway col pesce di lago e a un altro che in una raccolta aveva scritto un racconto su piccione ripieno e a quelli che piazzavano la birra artigianale o il formaggino preparato nell'Alpe nei loro romanzi di formazione e il veneto che “Se vuoi proprio bere un Prosecco deve essere dop “ma anche all'ex rivoluzionario che ti parlava del casatiello e delle polpette e dei 99 Posse e a quell'altra che su Facebook per rilanciare la sua raccolta di poesie aveva commentato “Oddio i fiori di zucchina e lo zenzero, voi lo utilizzate? Altro che tumore” e all'altra che per ribellarsi alla dittatura biologica esultava il peggiore hamburger con lattuga, fontina, brie rimpiangendo gli Appalachi e poi al saggista intriso di sapori tipici della Sicilia che non sai bene se vorrà romperti i coglioni con Sciascia o Montalbano o la Valle dei Templi.

E come fai a preparare tutto questo? Come fai a convincere il direttore che potrai soddisfare ogni singolo ospite dell'evento? Lo fai se sei disposto a lavorare di notte, gratis. A trovare le materie prime. A smuovere i fornitori. A starci dentro e smetterla con la birra. Facendo capire che sei in grado di far quello che vuoi. Anche se poi non ho mai smesso di bere birra e ho perso dieci chili in un mese sul cesso.

Alla fine abbiamo compilato un menu individuale. Volevamo soddisfarli nel miglior modo possibile. Come quando questi scrittori elogiano le librerie indipendenti dove il commesso ti consiglia il libro giusto o un nuovo percorso da intraprendere. Per quanto mi riguarda molto meglio Amazon.

“Pensaci Andrea che bello quando hai lo scrittore che ti tiene una lezione sull'importanza del Lsd come cura per le malattie mentali e gli arriva un piatto di erba sudamericane oppure incontrare quell'altro che ti presenta un dramma familiare nella periferia di Roma e intanto comincia a sentire il profumo della coratella che esce dalla cucina.” Silenzio. Avevo stappato una birra. E lei “Ma scusa sai cucinare da Dio. E allora Cristo perché non gliele prepari le rane alla tizia che ha scritto del Delta del Po come se vivesse in Louisiana oppure vuoi dirmi che non ti va ti far assaggiare la tua incredibile madelaine allo scrittore che quando non dorme scrive sempre di Proust? Pensa che bello addormentarsi dopo aver ripetuto per l'ennesima volta le stesse cose di sempre. Oppure piazzagli il cibo marocchino, il cous cous allo scrittore multietnico o le lenticchie a quella che ha scritto un romanzo sul ritorno alle origini. Ovviamente non dovremo sbagliare nulla. Perché a me girerebbero i coglioni vederli collassare per un piatto che non era il loro. In fin dei conti gli intellettuali vogliono solo una platea di adulatori e cortigiani, sentirsi applauditi, capiti, bere, mangiare, sballarsi e se non sono pagati almeno vogliono un piatto pronto, alcolici e un letto dove dormire.”

Al giornalista televisivo che parlava di libri e cinema e che ogni volta che veniva al cinema pisciava sempre per terra e se ne fregava di chi stava pulendo abbiamo preparato un rognone. I reni. Il piscio che ti avvolge il palato. Quanto gli è piaciuto Non fatemi spiegare la fatica di prepararlo come Dio comanda. Ho cercato di ricordarmi la ricetta di mia madre. Il direttore è venuto a farmi i complimenti. Non si aspettava che sapessi preparare quel genere di piatti. Non pensava che uno puliva cessi e sale e preparava popcorn sapesse anche cucinare. Contento lui, contenti tutti.

C'è stata tanta altra gente che si è prestata. Tanti invisibili. Sorridenti. Monchi. Nani. Depressi. Svogliati.

Dovreste guardarvi intorno ogni volta che partecipate a una presentazione letteraria o un concerto in piazza o una manifestazione di artisti di strada.

Dovreste cominciare ad avere paura.

Quando ne abbiamo parlato la prima volta da dieci siamo diventati venti, trenta, quaranta.

I piatti da preparare erano 72. Alcuni preparati al momento, altri solo riscaldati. E questo un po' ci è dispiaciuto.

È bastato portargli i piatti e fargli vedere due tette, un cazzo, la scollatura, la schiena nuda, il sorriso, la genuflessione e gli ospiti erano tutti al settimo cielo.

Anche se poi c'erano quelli che volevano solo spiluccare, assaggiare e altri che invece svuotavano i piatti degli amici a dieta. Buttavano, grugnivano, scattavano foto all'anatra in crosta, commentavano  il pate foie gras e intanto dibattevano di borse Gucci e attualità di Manzoni e mentre l'uomo in fissa per Vollmann mangiava un pack choi e argomentava sulla ristrutturazione della casa vista lago e dei profughi siriani che affollavano un centro asilanti sulla frontiera la sua compagna fotografava le lumachine di mare e esclamava “Che buona la gramigna svizzera!” e il poeta vegano che non stava più nella pelle per aver assaggiato le rane facendo scambio di piatto col regista di documentari che ci stava provando con una malata di cancro che era appena uscita con le sue memorie postume.

A questo punto della storia tutti starete pensato che il veleno fosse fosse nel cibo.

No, era nei bicchieri.

Nell'acqua.

L'acqua depuratrice, direttamente da una grotta alpina.

Li abbiamo guardati.

Osservati mentre chiudevano gli occhi e prima di addormentarsi abbracciano il pianeta.

Ci sono foto in rete che ritraggono scrittori addormentati che stavano morendo in pace che sembrano le foto dei gerarchi nazisti morti prima di finire sulla forca.

Una scrittrice si è accasciata mentre stava firmando un autografo a uno studente che le poneva una domanda sulla relazione fra realismo magico e sapore delle patatine.

Un quasi premiato prima di accasciarsi sull'orinatoio ha scritto sulle piastrelle Forza Milan!

Fenomenale i nove che si sono addormentati sulla moquette prima di parlare del grande romanzo italiano.

Tanti di noi hanno fatto lo stesso.

Una grande opportunità per abbandonare questo mondo.

Non ti capita tutte le volte di andartene con leggerezza dopo una giornata memorabile.

Giacomo si è seduto in sala 7 e ha scritto una dolorosissima lettera d'addio alla madre.

Il pubblico ha cominciato a gridare con un'ora di ritardo. Pensavano a un'esibizione collettiva. A una candid camera. A una forma di protesta contro le morti nel Mediterraneo, il riscaldamento globale, i contratti capestro dei traduttori, l'Unione Europa, i colossi della distribuzione, il patriarcato, il razzismo, il comunismo, il Papa, l'Islam. Prima però si sono fotografati insieme ai loro scrittori, artisti, cantanti, giornalisti preferiti. La televisione ha continuato a registrare. I blogger e i grandi dei social ci sono andati a nozze. Quante critiche a questi scrittori protagonisti. L'ennesima goliardata. Poi hanno capito che quei 72 avevano smesso di respirare.

Lei ha infilato nella tasca di ciascuno una pagina della bozza del suo romanzo.

Poi è salita insieme a me sul tetto del cinema con tutti gli avanzi e si è messa a parlare di tutte le stragi di massa. Mi ha chiesto cosa avrebbero scritto di noi. Un suicidio di massa? L'orrore perpetuato da una setta che credeva alla fine del mondo. Io le ho risposto che semplicemente ero felice dell'anguilla che avevo cucinato, del vento caldo che stava scendendo dalle montagne e che mi ero rimesso a leggere l'Antico Testamento e mi sembrava un libro straordinario. Mi ha baciato sulla bocca e prima di andarsene, “Ci rivediamo Andre”.


Alla fine di tutta questa storia c'è una gatta addormentata nel recinto dove tutti i cittadini portano i cani a cagare e pisciare.

Una gatta che mentre camminavo si è messa a seguirmi ma senza mai avvicinarsi.

Non so se sono l'ultimo in vita.

So solo che dopo la fuga ho dormito nei boschi.

“La medicina che si usa per l'eutanasia” avevo letto su un giornale che avevo trovato in un cestino. Ecco cos'hanno usato.

La gatta poi si è fatta avanti e si è fatta accarezzare. Le ho dato gli ultimi due biscotti che mi erano rimasti e ho proseguito lungo il fiume

Prima dei campi da calcio mi sono seduto su una panchina.

Ho chiuso gli occhi.

Dalla corrente saliva puzza di merda e alcool.

Dal bosco è uscito un bambino e mi ha indicato.

“Perché sei vestito tutto di nero? Sei l'uomo nero?”

Dietro di lei è arrivata una donna con un libro in mano.

Mi ha detto: “Venga, qui c'è un sentiero sicuro.”

L'ho seguita.

E dietro di me la gatta.

Abbiamo camminato e camminato.

Stiamo ancora camminando.

 


Nessun commento:

Posta un commento