sabato 30 aprile 2022

DIDI GOGO E L’ORECCHINO di Sabrina Carollo

 - Hai visto i miei orecchini?

- Quali. Ne hai tremila.

- Quelli a forma di fiore, con la pietra rosa in mezzo.

- Non ce li ho presente.

- Ma si dai, quelli che ho indossato al matrimonio di Paolo e Marta.

- Ma secondo te io mi ricordo che orecchini avevi al matrimonio di Paolo e Marta?

- È stato tre settimane fa, mica quattrocento.

- Comunque no, non li ho visti.

- Ah eccoli! No, sbagliato, ce n’è solo uno. Hai visto l’altro orecchino?

- Quale orecchino?

- L’altro uguale a questo. L’orecchino di cui ti stavo chiedendo prima. Quello della coppia che ho indossato al matrimonio di Paolo e Marta.

- Ma me lo hai appena chiesto.

- No, ti ho chiesto se li avevi visti tutti e due, ora ti sto domandando se ne hai visto uno solo.

- No, non ne ho visto nemmeno uno. Però bene dai, almeno uno l’hai trovato.

- Non posso mica mettermi un solo orecchino. Ho bisogno anche dell’altro.

- Perché no? Questa fissa per la simmetria non la capisco.

- Non è una fissa, è una questione di armonia. Due orecchie, due orecchini.

- Se avessi un secondo buco in un orecchio allora cosa faresti?

- Ne metterei due uguali e uno diverso.

- E allora fai finta di avere solo il terzo buco.

- Ma non funziona così! Questi orecchini sono in coppia e li devo indossare insieme!

- Ma chi l’ha detto? Scusa, la ragazza con l’orecchino di perla, il dipinto di Van Dyck

- Vermeer.

- Va bene, Vermeer - tanto sono tutti uguali -

- Non sono tutti uguali! Non è tutto uguale! Sono profondamente diversi! È come dire che Leonardo e Michelangelo sono uguali!

- No, uno dipingeva l’altro scolpiva.

- Non è solo quella la differenza!

- Ma lo so, ti prendevo in giro. Comunque per tornare al dipinto di Van… cioè Vermeer, è un dipinto celeberrimo, giusto? Eppure non è “La ragazza con GLI orecchini di perla”. Ne ha uno solo. Non sarebbe mai diventato un dipinto famoso se avesse avuto DUE orecchini di perla.

- Questo non lo puoi sapere.

- Ma certo che no, è evidente! L’unico punto di luce condiziona l’intero dipinto! L’equilibrio della composizione, l’unicità del ritratto! Se fossero stati due sarebbe stato banale, sarebbe nello scantinato del nipote di Vermeer ad ammuffire.

- Questo non lo credo proprio, ma sentiamo, da quando sei diventato un esperto di pittura olandese del Seicento? E soprattutto, lo sai che quel dipinto si chiama “La ragazza col turbante” e non con l’orecchino di perla?

- Non ci credo.

- Certo.

- Vedi? Un solo orecchino ha reso il ritratto così particolare che nessuno nota il turbante ma tutti sanno dell’orecchino.

- Questo perché viviamo in una società di pressapochisti.

- No! È perché ciò che conta rimane.

- Quindi se indosso un solo orecchino verrò ricordata come questo dipinto, mentre se ne metto due no?

- Esatto. Più o meno.

- Mi sembri scemo.

- E potrebbe anche darsi che tu abbia ragione. Che io sia scemo. Ma prova almeno a pensarci. Perché non lo metti? Perché ti costringi a indossarne due oppure niente?

- Non è che mi costringo, è una mera questione estetica. Due is megl che uan.

- Se fosse una questione estetica quel dipinto di Van Dyck

- Vermeer

- Vermeer non sarebbe bello. Ma non è così.

- A parte che l’arte non si pone il problema di essere bella ma di essere autentica, e comunque io non sono un quadro. Mica sto di tre quarti tutto il tempo.

- E se ti mancasse un orecchio?

- Ma la smetti?

- Ma insomma perché? Possibile che i canoni estetici debbano essere così rigidi? Possibile che le nostre decisioni debbano essere così rigide? Automatiche? Perché decidiamo le cose sulla base di percorsi che non siamo liberi di intraprendere ma che sono segnati dalla morale, dall’abitudine o dal gusto altrui?

- Amore, il punk c’è già stato.

- Ma non è bastato! Quale libertà c’è se tutto ciò che facciamo è catalogato, etichettato, e già definito dalle abitudini, nostre o di chicchessia?

- Ci siamo svegliati ribelli oggi?

- Sono serio: perché sue orecchini e non uno, perché gli uomini non mettono le gonne - NON MI PARLARE DEGLI SCOZZESI O MI INCAZZO - perché brindiamo alle vittorie e non alle sconfitte, quando è ormai evidente che sono ben più utili le seconde per capire qualcosa, perché facciamo corsi di giardinaggio per avere delle belle rose e poi asfaltiamo la foresta amazzonica, perché facciamo lavori che non ci piacciono e stiamo con persone che non amiamo - no, non parlo di noi - perché insomma continuiamo a fare tutto quello che facciamo senza domandarci se va bene così, se ha un senso, se non c’è un altro modo? Fingiamo di scegliere per gran parte della nostra esistenza, ma la verità è che siamo schiavi, e procediamo con il paraocchi costantemente, senza dire o fare, o nemmeno pensare qualcosa di diverso da quello che diciamo o facciamo o pensiamo. Perché nemmeno siamo consapevoli di vivere così. Chiamiamo libertà qualcosa che libertà non è, perché siamo schiavi: schiavi di pensieri già pensati, di soluzioni già adottate, di abitudini e strutture mentali stratificate nel tempo. Andiamo avanti ripetendo modalità acquisite, pensando che siano le soluzioni migliori, le più pratiche e intelligenti, fino a che ogni tanto nasce uno cieco che impara a suonare la chitarra tenendola appoggiata sulle ginocchia perché non sapeva si facesse diversamente e la suona da dio. E nemmeno in quel caso dubitiamo, perché è molto più facile considerare chi agisce diversamente come un’eccezione, una persona originale o stravagante, piuttosto che stare a pensare se magari davvero ci sono altri modi. Che poi magari non ci sono, e va bene proseguire così, ma in quel caso è una scelta. Una scelta vera. Ci illudiamo di scegliere perché al supermercato abbiamo cinquecento tipi diversi di scatolette di tonno. Ma la libertà è un’altra cosa.

- Ok. Era solo un orecchino.


 

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