Sono
morta in una giornata di inizio primavera…credo…anzi sono quasi sicura, è che
qui, in questa dimensione, si perde un po’ il senso del tempo.
Sapete
una di quelle giornate improvvisamente limpide, come un pugno nell’occhio ma
dallo strano effetto gradevole, dove passano folate di vento freddo e fra l’una
e l’altra si insinua un dito di tepore, esile e spiccato?
Che
ti danno il buonumore di una promessa mantenuta, di un ritorno atteso, di una
visita improvvisa e tuttavia aspettata da lungo tempo? ....Ecco una di quelle.
Che
poi io quella strana ragazza del secondo piano non la conoscevo nemmeno.
Buongiorno e buonasera quando ci incrociavamo per le scale, sui pianerottoli,
nell’ingresso, e finiva lì.
Notare
certo l’avevo notata, era difficile non farlo, quel volto un po’ rubizzo e
spolverato di lentiggini piccolissime, quasi assiepate l’una sull’altra nel
tentativo di scalare faticosamente il naso e la fronte, risalendo in massa dal
mento e dalle labbra, lasciate deserte….sovrastato però da una folta chioma
biondo miele, dove ci si potrebbe aspettare una chiazza di rosso.
Un
insieme curioso e potenzialmente attraente, secondo me, ma in fondo ero una
donna eterosessuale e non approfondivo la riflessione.
Urla,
rumori allarmanti o strani non ricordo di averne mai sentiti, comunque io
vivevo all’ultimo piano e lei al terzo….
Quel
pomeriggio stavo scendendo per una passeggiata, era il mio giorno libero.
Nel
brillare dei tetti ed in uno strano verso chioccio degli uccelli, fra una folata
di vento e l’altra, mi sembrava di aver indovinato un presagio di primavera…e
io gli inizi li adoro, per questo di essermene andata in un giorno di inizio
primavera mi fa star male ancora di più, oltre al fatto di averlo fatto senza
un motivo preciso, anzi senza motivo alcuno.
Scendevo,
credo, con sufficientemente gaia scioltezza le scale, quando dallo spiraglio
semiaperto della porta la vedo che si prepara anche lei ad uscire e mi
soffermo, per un tempo che ora mi pare lunghissimo, sicuramente dilatato, e
tuttavia in bilico, in perfetto equilibrio verticale con tutto il corpo teso
verso l’alto, su un gradino, proprio davanti alla soglia di casa sua.
Ad
attrarre la mia attenzione però quella volta era stato il cappello che si stava infilando
laboriosamente in testa, sulla chioma riccia che opponeva resistenza: un
cappello né troppo stretto né troppo largo, con una visiera rigida e che
tuttavia disegnava una dolce e decisa onda a forma di esse coricata in
orizzontale, davanti alla linea degli occhi.
Un
cappello semplice ed elegante, niente fronzoli, un nastro nero di seta
perfettamente cucito che lo circondava e sembrava spingere all’insù la parte
alta dello stesso cappello con tutti i capelli e la testa: di un bel tessuto e
di un violetto squillante e brioso.
Avevo
cercato a lungo, in giro per negozi, un cappello del genere l’anno prima, ed
ovviamente decisi subito che a me sarebbe stato meglio.
Si
girò e mi piantò in faccia due occhi a prima vista allegri, ma, scrutandoli
bene fino in fondo, che rivelavano una malinconica inquietudine, un imprecisato
e confuso senso di colpa.
“
Anche tu pronta a uscire? Hai qualcosa da fare o è un giro di piacere? Ti va di
andare a prenderci un caffè insieme?” La voce squillante che voleva accordarsi
con l’invito spensierato, ma che, mettendosi bene in ascolto, vibrava di una
sorta di nota stonata, inquieta, spaesata, come quella di chi parla di cose
piacevoli ma pensa ad altre cose fastidiose, per non dire proprio sgradevoli.
“
Un giro di piacere sì!Ma dai perché no!” Ascolto la mia voce che risponde alla
sua, la sento impersonale e neutra, come il suono di una macchina, mentre occhi
e mente seguono intenti il capello e la sua macchia violetta.
A
questo punto poteri dirvi che anch’io ero bionda ed eravamo più o meno della
stessa altezza e corporatura ma sarebbe del tutto superfluo….
“
Io non so cosa hai sentito dire di preciso e da chi…certo ci sono stati momenti
difficilissimi, ma ora va meglio, mi sento forte, mi sento di nuovo libera,
pronta a ributtarmi nella vita, quella che ho interrotto per colpa sua…potrei
dirti che all’inizio era dolcissimo, straordinario, non rimpiangevo nulla,ma
questa è la tattica capisci? Come i serpenti, ti ipnotizzano per farti stare
ferma, immobile, finchè non calano la testa ed affondano il morso, bevendoti la
vita in cambio di veleno….ora insomma va meglio, non ci sarebbe nemmeno bisogno
di andarmene da un’altra parte, potrei tranquillamente rimettere a posto i
pezzi anche qui, ma ho bisogno di aria nuova, spazi nuovi, ambienti nuovi…”.
Un
fiume, un fiumiciattolo fra le pietre, anzi un ruscello, che gorgoglia vivace
ma anche placido, fra il verso di un merlo ed il soffio simultaneo delle foglie
di un grande albero….così è diventata ora la sua voce, che accompagna i miei
pensieri rivolti ad alcune commissioni da fare, dopo essermi alzata, dal
tavolino di quel bar, ed una telefonata importante da fare l’indomani, mentre
faccio finta di ascoltarla e giro insistentemente, senza motivo, il cucchiaino
nel caffè che mi hanno appena servito.
Certo
aveva bisogno di sfogarsi, va bene lo capisco, ma concentrarsi è difficile,
storie tutte uguali, tutte in serie, articoli di giornale già scritti e
addirittura prestampati, che si aspetta di infilare fra una pagina e l’altra
del giornale appena succede qualcosa….
“
Ma è da quando ci siamo incontrate che mi fissi il cappello! Ti piace? Se vuoi
è tuo, tanto è un suo regalo…” Mi allargo tutta in un sorriso e la mia mano è
già quasi tesa in un gesto imbarazzante a levarle il cappello dalla testa….
Così
ci avviamo all’uscita dal bar, io da una parte lei dall’altra, io col cappello
lei senza…protendo il mento ed il collo, e quasi sfido con gli occhi il cielo
di nuovo di un azzurro squillante, l’aria di nuovo invitante, forte del mio
cappello nuovo….
Poi
quel piccolo botto secco, come un petardo che qualcuno mi abbia fatto scoppiare
fra i piedi e quel bruciore insostenibile che sale lungo la schiena fino alla
testa, e quasi entra nel cervello…
Non
mi accorgo di stare per morire, non tutti se ne accorgono….non vedo la mia vita
sfilarmi davanti, vedo solo il mondo diviso in due proprio davanti a me, metà
piazza con alti alberi e giardinetti, metà filo grigio e polveroso di asfalto,
sul quale lascio andare il capo….mi infastidisce vedere quello e non più il
cielo, sì mi infastidisce veramente molto…
C’è
quest’uomo che mi gira e mi infila una mano sotto la testa, penso che voglia
aiutarmi….si china su di me, è arrivato quasi a sfiorarmi la faccia, mi pare di
sentire il suo respiro, mormora a bassa voce parole che non capisco, quasi una
preghiera rabbiosa, parole fra cui riesco per un attimo a capire “ ORA NON TE
NE VAI PIU’”… e io che cerco di scavalcarlo con gli occhi per vedere per
l’ultima volta, ora sì l’ho capito, il cielo….
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