domenica 31 marzo 2019

I TRANELLI DEL DESTINO di Roberta Sandrini


Sono morta in una giornata di inizio primavera…credo…anzi sono quasi sicura, è che qui, in questa dimensione, si perde un po’ il senso del tempo.
Sapete una di quelle giornate improvvisamente limpide, come un pugno nell’occhio ma dallo strano effetto gradevole, dove passano folate di vento freddo e fra l’una e l’altra si insinua un dito di tepore, esile e spiccato?
Che ti danno il buonumore di una promessa mantenuta, di un ritorno atteso, di una visita improvvisa e tuttavia aspettata da lungo tempo? ....Ecco una di quelle.
Che poi io quella strana ragazza del secondo piano non la conoscevo nemmeno. Buongiorno e buonasera quando ci incrociavamo per le scale, sui pianerottoli, nell’ingresso, e finiva lì.
Notare certo l’avevo notata, era difficile non farlo, quel volto un po’ rubizzo e spolverato di lentiggini piccolissime, quasi assiepate l’una sull’altra nel tentativo di scalare faticosamente il naso e la fronte, risalendo in massa dal mento e dalle labbra, lasciate deserte….sovrastato però da una folta chioma biondo miele, dove ci si potrebbe aspettare una chiazza di rosso.
Un insieme curioso e potenzialmente attraente, secondo me, ma in fondo ero una donna eterosessuale e non approfondivo la riflessione.
Urla, rumori allarmanti o strani non ricordo di averne mai sentiti, comunque io vivevo all’ultimo piano e lei al terzo….

Quel pomeriggio stavo scendendo per una passeggiata, era il mio giorno libero.
Nel brillare dei tetti ed in uno strano verso chioccio degli uccelli, fra una folata di vento e l’altra, mi sembrava di aver indovinato un presagio di primavera…e io gli inizi li adoro, per questo di essermene andata in un giorno di inizio primavera mi fa star male ancora di più, oltre al fatto di averlo fatto senza un motivo preciso, anzi senza motivo alcuno.
Scendevo, credo, con sufficientemente gaia scioltezza le scale, quando dallo spiraglio semiaperto della porta la vedo che si prepara anche lei ad uscire e mi soffermo, per un tempo che ora mi pare lunghissimo, sicuramente dilatato, e tuttavia in bilico, in perfetto equilibrio verticale con tutto il corpo teso verso l’alto, su un gradino, proprio davanti alla soglia di casa sua.
Ad attrarre la mia attenzione però quella volta era  stato il cappello che si stava infilando laboriosamente in testa, sulla chioma riccia che opponeva resistenza: un cappello né troppo stretto né troppo largo, con una visiera rigida e che tuttavia disegnava una dolce e decisa onda a forma di esse coricata in orizzontale, davanti alla linea degli occhi.
Un cappello semplice ed elegante, niente fronzoli, un nastro nero di seta perfettamente cucito che lo circondava e sembrava spingere all’insù la parte alta dello stesso cappello con tutti i capelli e la testa: di un bel tessuto e di un violetto squillante e brioso.
Avevo cercato a lungo, in giro per negozi, un cappello del genere l’anno prima, ed ovviamente decisi subito che a me sarebbe stato meglio.
Si girò e mi piantò in faccia due occhi a prima vista allegri, ma, scrutandoli bene fino in fondo, che rivelavano una malinconica inquietudine, un imprecisato e confuso senso di colpa.
“ Anche tu pronta a uscire? Hai qualcosa da fare o è un giro di piacere? Ti va di andare a prenderci un caffè insieme?” La voce squillante che voleva accordarsi con l’invito spensierato, ma che, mettendosi bene in ascolto, vibrava di una sorta di nota stonata, inquieta, spaesata, come quella di chi parla di cose piacevoli ma pensa ad altre cose fastidiose, per non dire proprio sgradevoli.
“ Un giro di piacere sì!Ma dai perché no!” Ascolto la mia voce che risponde alla sua, la sento impersonale e neutra, come il suono di una macchina, mentre occhi e mente seguono intenti il capello e la sua macchia violetta.
A questo punto poteri dirvi che anch’io ero bionda ed eravamo più o meno della stessa altezza e corporatura ma sarebbe del tutto superfluo….
“ Io non so cosa hai sentito dire di preciso e da chi…certo ci sono stati momenti difficilissimi, ma ora va meglio, mi sento forte, mi sento di nuovo libera, pronta a ributtarmi nella vita, quella che ho interrotto per colpa sua…potrei dirti che all’inizio era dolcissimo, straordinario, non rimpiangevo nulla,ma questa è la tattica capisci? Come i serpenti, ti ipnotizzano per farti stare ferma, immobile, finchè non calano la testa ed affondano il morso, bevendoti la vita in cambio di veleno….ora insomma va meglio, non ci sarebbe nemmeno bisogno di andarmene da un’altra parte, potrei tranquillamente rimettere a posto i pezzi anche qui, ma ho bisogno di aria nuova, spazi nuovi, ambienti nuovi…”.
Un fiume, un fiumiciattolo fra le pietre, anzi un ruscello, che gorgoglia vivace ma anche placido, fra il verso di un merlo ed il soffio simultaneo delle foglie di un grande albero….così è diventata ora la sua voce, che accompagna i miei pensieri rivolti ad alcune commissioni da fare, dopo essermi alzata, dal tavolino di quel bar, ed una telefonata importante da fare l’indomani, mentre faccio finta di ascoltarla e giro insistentemente, senza motivo, il cucchiaino nel caffè che mi hanno appena servito.
Certo aveva bisogno di sfogarsi, va bene lo capisco, ma concentrarsi è difficile, storie tutte uguali, tutte in serie, articoli di giornale già scritti e addirittura prestampati, che si aspetta di infilare fra una pagina e l’altra del giornale appena succede qualcosa….
“ Ma è da quando ci siamo incontrate che mi fissi il cappello! Ti piace? Se vuoi è tuo, tanto è un suo regalo…” Mi allargo tutta in un sorriso e la mia mano è già quasi tesa in un gesto imbarazzante a levarle il cappello dalla testa….
Così ci avviamo all’uscita dal bar, io da una parte lei dall’altra, io col cappello lei senza…protendo il mento ed il collo, e quasi sfido con gli occhi il cielo di nuovo di un azzurro squillante, l’aria di nuovo invitante, forte del mio cappello nuovo….
Poi quel piccolo botto secco, come un petardo che qualcuno mi abbia fatto scoppiare fra i piedi e quel bruciore insostenibile che sale lungo la schiena fino alla testa, e quasi entra nel cervello…
Non mi accorgo di stare per morire, non tutti se ne accorgono….non vedo la mia vita sfilarmi davanti, vedo solo il mondo diviso in due proprio davanti a me, metà piazza con alti alberi e giardinetti, metà filo grigio e polveroso di asfalto, sul quale lascio andare il capo….mi infastidisce vedere quello e non più il cielo, sì mi infastidisce veramente molto…
C’è quest’uomo che mi gira e mi infila una mano sotto la testa, penso che voglia aiutarmi….si china su di me, è arrivato quasi a sfiorarmi la faccia, mi pare di sentire il suo respiro, mormora a bassa voce parole che non capisco, quasi una preghiera rabbiosa, parole fra cui riesco per un attimo a capire “ ORA NON TE NE VAI PIU’”… e io che cerco di scavalcarlo con gli occhi per vedere per l’ultima volta, ora sì l’ho capito, il cielo….    

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