“Papà smettila di fare i capricci come un bambino.
Noi andiamo, ci vediamo stasera.”
“Questa contadina polacca mi pulisce come se stesse
zappando e poi tiene la finestra spalancata. Mi farà ammalare.” – Dal letto
l’anziano sbraita, mentre solleva il bacino per farsi togliere la padella da
sotto il sedere. Fuori dalla camera nessuno lo ascolta, sono già usciti tutti.
“Dispiace Gaetano, ma bisogna cambiare aria. Cosa
non va oggi?”
“Alina mettimi i calzini pesanti, questi piedi sono
morti.”
La donna, con gesti precisi e veloci lo veste:
infila calzini, scarpe e lo aiuta a sedersi in carrozzina.
Adesso davanti alla tazza vuota e alle briciole
della colazione, Gaetano le dice: “Scusami per stamattina; oggi è
l’anniversario di matrimonio, era il 20 maggio del 1960, ricordo com’ero
emozionato e come era bella lei. Non capisco perché mi abbia abbandonato. Se ne
è andata prima di me. La vita è ingiusta, mi ha sconfitto proprio quando
speravo di vivere il tempo libero come volevo.”
Alina sparecchia e racconta con un tono di
tristezza: “Io mi sono sposata in giugno, noi eravamo credenti. Piccola chiesa,
pochi soldi, pochi invitati. Dopo sei anni mio marito è morto sul lavoro. Anche
io sono rimasta sola e con due bambini piccoli da crescere. Gaetano, la vita è
stata ingiusta per entrambi.”
L’anziano si vergogna di non riuscire a digerire
solitudine e vecchiaia.
“Stanotte ho sognato di camminare tra i boschi
insieme a Iago, lui annusava a terra in cerca di tracce e io respiravo i
profumi delle piante e degli alberi. Poi rientravo toglievo scarpe e calzini
sudati. Mi guardavo i piedi: la pelle rosa un po’ macerata, sprigionava un lieve
puzzo che mi piaceva, sapeva di erba e terra umida. Invece mi sono svegliato
che puzzavo di piscio.” “Oggi c’è il sole Gaetano, può andare sul terrazzo.”
Mentre la carrozzina scivola sul pavimento in
graniglia di marmo, guarda orgoglioso i quadri e gli oggetti disseminati in
casa, ricorda le volte in cui la moglie lo aveva convinto a investire
nell’arte, lui non ci capiva nulla, lei lo aveva iniziato ad apprezzare artisti
come Lucio Fontana, Fausto Melotti, Marino Marini.
“Avvertimi quando esci per andare a fare la spesa.”
Lei china la testa e fa un sorriso.
Sapeva di amici che all’apice della carriera
cercavano altro: maggiori guadagni, amanti di cui vantarsi. Per lui era
appagante ammirare e toccare quegli oggetti di sua proprietà così come
rigenerarsi grazie alla vitalità che percepiva dalla natura. Aveva riempito
l’ampio terrazzo di tante varietà di piante: un giardino botanico al sesto
piano.
“Gaetano, esco a fare la spesa. Tenga il telefono
vicino. Torno subito?”
“Vai pure e fai con calma. Cosa vuoi che mi succeda
qui?”
“Allora torno alla solita ora.”
“Certo, se ci sono novità mi avverti. Mi
raccomando!”
Si avvicina al parapetto, guarda in basso e vede
Alina allontanarsi, sa che starà via per un paio d’ore. È solo. Adesso gli
occhi liquidi diventano pieni di vita. Mette il freno alla carrozzina, solleva
le pedane, poggia i piedi a terra e senza sforzi si alza; ha le ginocchia e la
schiena un po’ dolenti, purtroppo deve stare sempre seduto.
Non voleva che la famiglia vorace di sua figlia
sperperasse ciò che aveva accumulato, così aveva messo una postilla nel
testamento: se fosse diventato infermo doveva perire tra quelle mura. Poco
dopo, aiutato da un amico geriatra ideò l’aggravamento.
Nelle belle giornate, in solitudine si aggira nel
terrazzo tra palme, fichi e azalee, annusando i profumi di rose, gelsomini e
zagare.
Quando piove esplora il suo piccolo museo d’arte,
gli piace toccare le sue opere.
È il suo modo di resistere.
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