giovedì 31 ottobre 2019

FALSA PARTENZA di Maurizio Donazzon



In corridoio erano pronti i due trolley. L’incerto sole delle sei illuminava lo studio, dove nello schermo nero del computer si rifletteva il suo volto. Era già vestito per partire: un weekend lungo di vacanza. Dal soggiorno arrivarono delle voci. La televisione. A quell’ora? Scosse la testa. La sera prima avevano litigato, addormentandosi ai lati opposti del letto.
“Non possiamo più permetterci di spendere così tanto” aveva detto. “Lo vuoi capire?”
“Dovevi pensarci prima di prenotare.”
“Non dovevamo neanche prenotare. Ho sbagliato a lasciarmi convincere.”
“Vuoi farmi sentire in colpa perché adesso non lavoro?”
In televisione davano un documentario sul parco delle sequoie. C’erano andati tanti anni prima, in un viaggio on the road. I giganti vegetali le avevano dato una sensazione di calma e sicurezza; ricordava di aver sfiorato la ruvida corteccia rossa, tenera come sughero. Erano passati in auto sotto il tunnel scavato in una sequoia caduta sulla strada. Ogni foto li ritraeva sorridenti.
“Dobbiamo tagliare le spese.”
“Tu hai bisogno di una vacanza. Altrimenti, finita l’estate, sarai sempre arrabbiato.”
“Potevamo scegliere un posto meno costoso.”
“Se non ti fosse andato bene, dopo ti saresti lamentato.”
Il sole rischiarava i tetti e i camini che vedeva dalla finestra. Prese un libro dallo scaffale e si mise a leggiucchiarlo, ma dopo qualche riga lo ripose. Non riusciva a concentrarsi. Perché non voleva capire? Era una semplice questione matematica: ogni mese non bisognava spendere più di quanto guadagnava. Guardò l’orologio, era quasi ora della partenza che avevano stabilito.
L’orologio in soggiorno segnava le sei e mezzo. Avevano deciso di muoversi presto per godersi parte della mattinata, facendo una passeggiata nei boschi attorno all’albergo prima di pranzo. Il pomeriggio l’avrebbero dedicato al relax: sauna, bagno turco, jacuzzi, forse anche un bagno di fieno per lei. L’ultima volta che c’erano stati si erano coccolati sui soffici divani del lounge, incantati dal fuoco che danzava nel caminetto. Non sapeva se aveva ancora voglia di partire.
“Non dovrei più andare dal parrucchiere per risparmiare?”
“No. Io so solo che spendiamo troppo.”
“Allora vai tu a fare la spesa. I soldi sono tuoi. Vediamo se sai far meglio.”
Accese il computer. Mentre aspettava, ascoltò il mormorio della televisione chiedendosi cosa stesse pensando sua moglie. Controllò le mail. Ne era arrivata una dal lavoro, ma invece di provare fastidio per l’intrusione nelle sue ferie, rispose volentieri. Ebbe però la pessima idea di aprire la comunicazione dell’albergo. Vide il costo delle due notti, già saldato per risparmiare sulla prenotazione cancellabile. Anche se fossero partiti in ritardo sarebbe stato lo stesso. La strada non era mai trafficata, se non in casi eccezionali.
Sopra il tavolo del soggiorno scendeva un mobile alla Calder con delle fotografie pinzate. Si distrasse a guardarne una dove erano seduti in un caffè di Parigi con delle enormi poltroni imbottite, una diversa dall’altra, nella loro prima vacanza assieme. Erano rimasti tutto il pomeriggio a parlare. Chissà se quel caffè c’era ancora. Erano quasi le sette, spense la televisione.
Le facciate chiare delle case erano ormai completamente illuminate. Sentì sua moglie andare in bagno. Poi sarebbe venuta per dirgli che era ora di partire? Fantasticò che gli chiedesse scusa per la discussione, ammettendo che lui aveva ragione e promettendo di risparmiare finché non avessero trovato una soluzione. Ma era pronto a scaricare rabbia e frustrazione, se fosse passata a chiedergli della partenza. Spense il computer. Che senso aveva muoversi senza averne voglia?
Per un po’ fissò lo schermo nero del televisore. Era stanca, anche perché aveva dormito poco. A casa avrebbe avuto qualcosa da fare; in vacanza, se si poteva chiamare vacanza visto le premesse, avrebbero discusso ancora. Voleva stare tranquilla. Si mise a sfogliare una rivista.
“Io non ci vengo. Vacci tu, visto che hai pagato.”
“È impossibile ragionare con te.”
Erano le sette passate. Aveva perso la speranza che la moglie entrasse nello studio. Decise che sarebbero partiti. Tanto avevano già speso comunque. Inoltre, la prospettiva di un weekend a casa assieme, senza nulla da fare, era peggiore che andare in un posto diverso. Forse il cambiamento sarebbe servito.

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