PA
PA PA, PA PA PAAAA
C’è
un pianeta azzurro ricoperto di nuvole. L’inquadratura è sul polo inferiore, si
avvicina e rimbalza lontano, si accentra sul pianeta. Sull’azzurro compare
un’ombra a forma di T, una E, una L e subito un enorme anello composto da
lettere gialle fascia il pianeta. T-E-L-E-G-I-O-R-N-A-L-E.
PAAAPAPAPAPAPAAAA
PAPAAAAAA
PA-PPAAAA
Un
satellite giallo, TG1, chiude la sigla e lo sfondo dello spazio si schiarisce
di nuvole bianche.
PAPAAAAAAAAA
Il
giornalista è impeccabile, impettito senza sembrarlo, giacca e cravatta,
mezzobusto ruotato sul fianco sinistro. Tiene le mani su alcuni fogli, davanti
alla scrivania ha un monitor che non guarda, preferendo Bianca e Isabella da
casa.
L’inquadratura
si allarga. Dietro c’è una parete azzurra, una telecamera dismessa con
stampigliato RAI e in fondo, in una losanga, il pianeta azzurro con il suo
satellite tg1.
Una notte storica per i
berlinesi e per il mondo intero. Cinquantamila persone hanno varcato il muro da
Est a Ovest accolti dall’abbraccio fraterno di una città in festa e le autorità
della Germania comunista hanno iniziato oggi a demolire il Muro. Un fiume di
folla in festa passa, i berlinesi dell’Ovest applaudono.
Applausi.
La
voce del giornalista è morbida, fa tante pause e si sentono le grida di gioia,
gli applausi. Muove le mani pulite, le unghie curate, le muove da uomo perbene.
Isabella
s’incanta a guardare la tele, ma deve studiare. Sbuffi di fumo annebbiano il
sussidiario, aperto dietro la tazza di latte.
Tanti giovani,
giovanissimi in festa che dell’Occidente e delle libertà sapevano solo quello
che gli avevano raccontato i loro genitori. Guardate questo fiume di folla,
questo fiume di folla che passa sotto gli occhi della Volkspolizei, la
famigerata polizia del popolo che tante volte ha sparato per impedire
l’attraversamento del Muro.
Canti.
La
capitale della Germania Ovest è Bonn, mentre quella della Germania Est è
Berlino che è divisa in due parti dal Muro. Isabella prova a tenere a memoria
quei nomi strani. Basta ricordare la Germania buona e quella cattiva, dell’Est
come la strega del mago di Oz.
Bianca
porta le mani alla bocca, non è normale la tele accesa di mattino presto, ma
oggi è diverso.
C’è gioia, una gioia
tranquilla, tanta gente ‘sta notte è andata a far festa a Berlino Ovest e poi
questa mattina è tornata al lavoro. Libertà, libertà stanno scandendo.
Non posso credere che
veramente posso passare, sento che sto per svenire – sta dicendo questa donna.
È l’ora, è l’ora che
sto aspettando da 28 anni, è meraviglioso.
Bianca
corre attorno al tavolo, prende il viso di Isabella fra le mani, lo stringe, lo
bacia.
Bianca
piange.
La
bimba guarda un po’ la tele e un po’ sua madre.
La Porta di
Brandeburgo, eccolo il monumento al disprezzo del bene più grande che l’uomo
possa avere, la libertà, preso d’assalto dalla parte occidentale ed ecco i
primi colpi di piccone. Sollevano solo polvere per ora ma il Muro, questa
visione kafkiana e concreta di quella che una volta era la Cortina di Ferro,
non esiste più.
Si
piange per un forte spavento, quando passa.
Si
piange per i denti, ma poi cadono e ricrescono.
Si
piange quando muore zia, più forte quando chiudono la bara.
Si
piange se ti lasciano a casa da sola per sbaglio e sei troppo piccola.
–
No
Isa, – fa Bianca alla figlia. – È caduto il Muro, una cosa bella.
–
Sì
ma io?
–
Come?
Il
giornalista abbraccia tutti con la voce, se potesse ripeterebbe “siamo tutti
berlinesi”. Le mani morbide che ora stringono una penna se potessero
stringerebbero le mani di tutti i telespettatori, dei berlinesi dell’Est, di
Bianca, dei berlinesi dell’Ovest, darebbero un buffetto a Isabella.
–
Qual
è la capitale della Germania intera?
–
Come
Isa? Ma non importa, Berlino credo ma che importa?
–
Berlino
Est o Berlino Ovest?
–
Non
lo so, che t’importa, non importa più!
–
A
me importa, cosa dico alla maestra?
N.d.A.
l’unica volta che vidi Frajese incazzato ce l’aveva con quel cretino che
entrava nelle inquadrature, Paoletti mi pare si chiamasse, o Paolini e Frajese
(genio!) gli dette un calcio. Questo tipo entrava nelle inquadrature dei
giornalisti durante le dirette. Il cameraman stringeva l’inquadratura per non
prenderlo, ma il tipo allungava il mento sopra la spalla del giornalista.
Continuando a parlare Frajese lo scalciò da davanti come un cavallo, mentre
quello faceva le facce. Frajese morì troppo presto e lo paragono nei modi, pur
non avendoli conosciuti, a Calvino. E al professor Viglierchio, lui l’ho
conosciuto.
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