sabato 30 maggio 2020

HARD BOILED di Gabriele Giustri e Francesco Barilli


I vetri sporchi, la polvere ovunque, puzzo di fumo e mozziconi spenti qui e là in almeno tre portacenere, quattro bottiglie di whisky facevano del mio ufficio un vero schifo, una fogna. Non mi potevo permettere una donna delle pulizie e per il resto me la passavo veramente male. Ormai erano mesi che non vedevo uno straccio di cliente. Nessuno che avesse bisogno di Sam Watson, nessuno che avesse bisogno di un detective privato a cento dollari il giorno più le spese.
Eppure sono sempre stato bravo nel mio mestiere. Con la polizia avevo avuto sempre un buon rapporto, reciproco se si vuole, come nel caso della bambina scomparsa o in quello dell'eredità Zabrinsky Tutta roba che era andata sui giornali. Ero lì seduto in poltrona a chiedermi se era il caso di chiudere l'attività e trasferirmi a San Francisco.
D'improvviso vidi una sagoma dietro la porta a vetri. Qualcuno bussò e io come un'automa dissi:
-          Avanti!
L'uomo entrò nell'ufficio e quando mi vide quasi trasalì.
-          Buongiorno, si accomodi
Si sedette sulla sedia, sembrava sfinito, eppure se è venuto da me è per un motivo ben preciso. Io infatti non sono un supermercato ma un detective.
-          Le dico subito che i soldi non sono un problema Sig. Watson mi ha fatto il suo nome il capo della polizia.
-          Che cosa vuole da me? A che cosa Le servono i miei servigi?
-          Cerco mia moglie. E' scomparsa da più dio tre settimane. Cosa devo fare? Sto impazzendo!
-          Lei è facoltoso signor...
-          Giusto ancora non le ho detto il mio nome, Patrick Wilson
-          Della Wilson & Wilson? (Un colosso legato a tutto quello che serve a farsi la barba, dalle lamette ai saponi dalle schiume ai dopobarba.)
-          Lei è facoltoso! Ha pensato che sua moglie si sia allontanata volutamente con uno scopo?
-          No mia moglie non si allontana senza prima avvisare. Ha una sorella in Italia e quando va a trovarla si prepara almeno una settimana prima, Mia moglie è molto metodica.
-          Potrebbe essere stata rapita per chiedere un riscatto, mi ha appena confermato che lei è molto facoltoso, non sarebbe la prima volta!
-          Ma dopo tre settimane? Possibile? Si sarebbero fatti vivi!
-          Si è vero, ma spesso aspettano per fare calmare le acque. Forse sono troppo ardito, ma ad un tradimento amoroso ci ha pensato? Una fuga d'amore? Sua moglie potrebbe avere perso la testa per qualcuno...
-          No lei non conosce mia moglie e non l'ha mai vista. Nessuno potrebbe scappare con lei. Si, perché anche se io l'amo con tutto me stesso, mia moglie è bruttissima. Molto brutta. Brutta che più brutta non si può. Mostruosa ecco!
Rimasi un attimo interdetto, non era una battuta di spirito il sig. Wilson era serio non stava scherzando.
-          Ha una foto di sua moglie?
-          Si due belle grandi, così si potrà rendere conto della sua peculiarità!
Presi le foto e le guardai. Si, brutta ma non bruttissima.
-          Non mi sembra così brutta come dice lei?
-          Si è vero nella foto migliora. Comunque io so con chi ho a che fare se le dico che la fuga d'amore è un'idea da scartare a priori!
-          Le dico subito Mr Wilson che è molto difficile trovare le persone scomparse. Solo negli Stati Uniti se ne contano migliaia ogni anno. Se ne vanno, spariscono, forse sono stanchi della loro vita...E' un mistero.
-          Bene allora io voglio che lei scopra il mistero.
-          Come si chiama sua moglie?
-          Alessandra, Alessandra Boretti, è italiana.
-          Mi dica, sua moglie, oltre lei, chi frequentava?
-          L'unica cosa che faceva era partecipare alle riunioni di un circolo per la precisione “Il circolo della buona cucina” di Emma Gallagher. S'incontrano una volta alla settimana e parlano di ricette, di bon ton. Tutta roba d'altri tempi. Ci va molto volentieri.
-          Night, Pub, Niente?
-          Ma sta scherzando? No, gliel'ho detto! Mia moglie è un tipo casa e chiesa, per usare una frase fatta.
-          Ok Mr Wilson, accetto il caso, troverò sua moglie e...
-          ...voglio un rapporto giornaliero, vado al letto molto tardi può chiamarmi anche di notte.
-          Bene ogni sera la chiamerò anche se non ci saranno sviluppi.
Wilson si alzò salutò ed uscì da mio ufficio.
-          Finalmente si torna a lavorare, potrò pagare alcuni debiti. Ma avrò fatto bene? Avrò fatto bene ad accettare questo incarico?
Parlavo da solo come un cretino. Capita, quando si è soli. E anche quando si è cretini. Va bene, bando alle ciance. Dovevo parlare con la Sig.ra Emma Gallagher. Ma mi serviva la Macchina da Sceneggiata. Quando si va incontrare gente con i soldi non ti puoi presentare con la bagnarola con cui vai a fare i pedinamenti. I ricchi sentono la puzza di povero lontano un miglio. Il piccolo Alan (piccolo era un complimento, era davvero un nano) dell’autorimessa Thompson faceva al caso mio. Ogni tanto prendeva a prestito le macchine dai ricconi che posteggiavano le loro auto a settimane intere e me le dava in gentile concessione quando c’era qualcuno da impressionare. La Chevy Bel Air che mi dette quella volta era grande come un vaporetto: azzurra, portiere con bande bianche, cerchioni cromati giganteschi. Dovevo sembrare un pappone.
Ma mai quanto lo strano tipo che in teoria doveva essere il maggiordomo di quel villone sulla Mulholland  n° 7212, due piani di color azzurro chiaro con un bel giardino intorno. Sulla cassetta della posta oltre al nome Gallagher c'era anche una targa con su scritto “Il circolo della buona cucina”.
Il maggiordomo era nero, scarpe lucide, livrea da ammiraglio. Sembrava dovesse mettersi a cantare Chattanooga Chu chu da un momento all’altro. Era leggermente strabico. Oppure stava parlando al mio amico invisibile che vedeva soltanto nella sua testona lucida. Prese il mio biglietto da visita come se stesse decifrando un codice atzeco. Poi alla scritta “detective”, si ricordò di non avere il permesso di soggiorno in regola e sfoderò un gran sorriso.
“Si accomodi” mi disse in perfetto accento del District. Entrai in quello che era il salone lussuoso più fasullo che avessi mai visto. Entrando sulla sinistra c’era addirittura una fontana con i puttini, sulla parete era appesa un’imitazione di un quadro italiano del ‘500: Parmigianino, o uno di quei nomi assurdi, con la solita divinità greco romana dalla pelle diafana e il cavallo bianco, sproporzionato, per non dire gigantesco.
Feci a tempo a poggiare sulla poltrona damascata rossa i miei pantaloni grigi presi a noleggio che subito schizzai sull’attenti come un soldatino di fronte a un sergente pazzo in trincea.
Emma Gallagher era entrata nella stanza. Vestita leggera, elegante. Molto bella, sui quaranta cinque. Capelli castani, occhi blu. Metteva in soggezione, con quelle labbra che sembravano due confetti rossi poggiati su una bomboniera. Mi sarei trovato più a mio agio seduto nella mia Chevrolet, ma non si può entrare in casa della gente sfondando i vetri, per quanto sia bello il tuo macchinone.
Le porsi il mio biglietto da visita, senza smettere di fissarle le labbra. Dovevo piantarla di sembrare un dannato maniaco e darmi una calmata.
-          Posso offrirle qualcosa da bere?
-          No, la ringrazio, signora Gallagher.
-          … Signorina, s’affrettò a precisare
Trasalii. Soltanto a San Pedro Street avevo visto una commediola sexy con testi tanto scadenti. Dubitavo però che saremmo finiti a rotolarci nel lettone al piano di sopra.
-          Arrivo subito al punto, signorina Gallagher. Si tratta della signora Boretti.
-          Oh. La cara Alessandra. Di che si tratta?
Stavo per iniziare a raccontare la mia tiritera, quando il maggiordomo entrò con un vassoio. Dentro di me speravo che con quelle scarpe lucide inciampasse come un tacchino, ma restò perfettamente in equilibrio e appoggiò il vassoio con due infusi d’erbe sul tavolinetto di marmo davanti a noi. Di solito non bevo quella roba neanche sotto minaccia di armi da fuoco, ma Lei sorrideva.
-Lo preparo io. E’ rilassante- disse la signorina Gallagher.
- Lo prendo volentieri- dissi mentendo con spudoratezza. Ci scommetto che era una vita che una donna come lei si sorbiva menzogne da parte di meschini idioti come me. Fui inondato da un odore fruttato alle erbe che avrebbe fatto vomitare anche un cammello e buttai giù, nella maniera più educata possibile.
-          Le piace?
-          Molto rilassante- risposi.
-          Vero? … Ma mi stava parlando della cara Alessandra che le è successo?
-          E’ scomparsa. Suo marito la sta cercando. Ed è molto preoccupato
-          Ah, davvero.
Non capivo dove voleva andare a parare. In condizioni normali le avrei dato ragione e basta. Ma stavo lavorando, quindi chiesi: - il loro matrimonio… non è felice
La signorina Gallagher sospirò. Poi con aria cupa rispose: - suo marito non la vedrebbe neanche se lei si spogliasse davanti ai suoi occhi, in camera da pranzo.
-          Che intende dire?
-          Che non la valorizza. Non sa vedere la bellezza che è in lei.
Stavo per replicare, ma mi morsi la lingua. Dire a una donna bella che la sua cara Alessandra è brutta come una serpe uscita da una scatolone in soffitta non è una cosa elegante.
-          Beh, in ogni caso il marito mi è sembrato preoccupato.
-          E … lui ha provato a cercarla?
-          Ha incaricato me.
-          Certo. Capisco.
-          Ho come l’impressione che lei sappia dove sia.
La signorina Gallagher si piego verso di me. Una remota parte del mio cervello ipotizzò che volesse baciarmi. Invece si limitò passarmi un biglietto da visita “Skid Row Dance Hall, Central City East 809”.
Scivolò via dalla stanza e mi lasciò là come un salame, a immaginarmi le sue labbra a confetto e la pelle rosata. Dopo qualche minuto mi decisi a levare le tende. Mi sentivo scombussolato. Ubriaco, quasi: la strada che mi aveva portato laggiù aveva più curve che all’andata. Visto però che il pomeriggio era passato da un pezzo, decisi di guadagnarmi la paga giornaliera andando a visitare il locale di Skid Row. Alla peggio avrei dato un’occhiata a qualche venticinquenne che si abbarbicava su un palo con il sottofondo di qualche canzone di Sheryl Crow.
Venti minuti dopo ero là, e il diavolo mi porti all’inferno se non ero rimasto di sasso davanti alla scena che avevo davanti. C’era la musica, il palo e la femmina che si agitava al ritmo della canzone. Quella femmina era Alessandra Boretti, vi posso assicurare che era un bel bocconcino.
Niente a che fare con la faccia da sparviero della foto che mi aveva dato il marito. Ogni curva era al posto giusto e anche il viso era molto più che attraente. Nel suo genere, era uno schianto.
Aspettai che finisse il suo numero, poi ci parlai.
-          Come ha fatto a trovarmi?
Insomma, non un dialogo indimenticabile, per chi fa il mio lavoro. Le domande, sempre le stesse, e le espressioni del viso di chi scappa. Un misto di ansia, rimorso, voglia di perdono. In genere se uso gli argomenti giusti, riesco a far tornare alla tana tutti i coniglietti che scappano. E quello era un gran bel coniglietto, se proprio devo dire.

L’appuntamento con il mio cliente, il signor Wilson, era alle nove di quella sera. Giusto il tempo di dare un’occhiata alle carte, pensavo, invece avevo trovato un regalino. Un sacchettino profumato, dalla signorina Gallagher. D'improvviso vidi una sagoma dietro la porta a vetri.
-          L’ha ritrovata?
-          Sì.
-          Dov’è?
-          Abbiamo appuntamento qui tra mezz’ora. Si sieda.
-          Se è per i soldi le assicuro che…
-          Si sieda.
-          Che succede? Sta bene?
-          Sta benissimo. Gradisce un infuso? E’ molto rilassante.
-          No, se non c’è del gin dentro.
-          Lo prenda.
Allungai la tazzina verso il mio cliente. Profumava in modo intenso, ammaliante.
-          Lei non lo prende?
-          L’ho già fatto. Lo prepara una mia amica. Erbe aromatiche, un goccio di vino bordeaux, dulcamara, laudano. Mandragola. Com’è?
-          Molto … Rilassante.
-          Che le dicevo? Vede, io non sono qui per farle la predica. Stasera però ho avuto modo di farmi un po’ i fatti suoi. Le sue amicizie, specie femminili, i suoi viaggetti. Vede, sono un uomo di mondo.
-          Ma…
-          Mi lasci finire. Ecco, finisca anche lei il suo infuso. Vede, io lo capisco che dopo anni di convivenza vengano meno alcune attenzioni, alcuni.. particolari. Piccoli dettagli che fanno andare via le donne. Non crede? Piccole… vanità.
-          Vanità? Mia moglie è…
-          Bruttissima. Orrenda. E’ cosi che me l’ha descritta quando ci siamo incontrati. Ma le donne sono sempre un po’ streghe, un po’ fattucchiere. In grado di escogitare qualche piccolo trucco per rendersi di nuovo desiderabili.
-          E’ questo che mi sta dicendo? Che Alessandra se n’è andata per farsi ...
-          Cercare, certo. Quale donna non lo fa?
Sentimmo bussare alla porta a vetri. La signora Boretti Wilson entrò nell’ufficio. Il marito restò fermo a fissarla, a bocca aperta. Avrei potuto sparare un colpo di pistola in aria, e lui non si sarebbe mosso. Finalmente si decise a parlare.
-          Ma tu… sei … bellissima!
Lei stava per rispondere, ma il marito non le lasciò neanche aprire bocca. L’abbracciò con veemenza, e di lì fu un susseguirsi di miagolii imbarazzanti. Li lasciai allontanare dalla stanza, avvinghiati come pitoni, tra promesse d’amore e qualche piccola sconcezza che si perdona a due persone che stanno insieme da tanti anni. Camminavano stretti, con lui che inciampava di continuo, scombussolato. Ubriaco, quasi.

Rimasi solo, con i vetri sporchi, la polvere ovunque, puzzo di fumo, mozziconi spenti qui e là e bottiglie di whisky. Un vero schifo, una fogna. Afferrai il regalo della mia nuova amica, la signorina Gallagher, tenendo tra le dita quelle piccole eppure miracolose erbe. Chiedendomi se la signora Boretti fosse all’oscuro di quel curioso elisir, o se anche lei, come il marito, desse il merito di quella ritrovata passione amorosa a un gioco del caso.

Cercai di mettere a fuoco nella mia testa la signorina Gallagher: era uno schianto anche prima di bere il suo dannato infuso d’erbe, oppure soltanto dopo? Non riuscivo a ricordare.

Il telefono squillò. Una voce roca impastata:
-          Credo che mio cognato e mia moglie vogliano uccidermi.
La mia vecchia vita da detective scapolo veniva a reclamarmi. Mi sedetti, pronto ad ascoltare la storia del mio nuovo cliente.
-          Si calmi. Mi dica tutto, dissi, accendendomi una sigaretta.



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