Per
il trentesimo compleanno di nostra madre, nostro padre le aveva regalato una
cometa.
Ma
noi non lo sapevamo.
In
primis perché nostro padre se ne andò in Sudamerica quando mia sorella gemella
ed io avevamo tre anni; secondariamente perché mia madre tenne segreta la cosa
fino alla mattina del 7 aprile 2006, quando dopo averci messo al corrente della
cosa disse:
-
Il 10 aprile passa per la prima volta a distanza visibile. Poi ci vorranno
altri 35 anni. Ma io questa soddisfazione a quel bastardo non gliela darò –
Morì
la notte successiva ed io e mia sorella rimanemmo a lungo a pensare se
seppellirla il giorno della apparizione della cometa sarebbe stato un gesto di
riconciliazione familiare o una negazione delle volontà separatiste di una
donna che, per quanto ne sapevamo, non si era più mescolata ad un altro uomo.
Alla
fine propendemmo per l’ipotesi della riconciliazione convinti che sarebbe stato
importante per lei il non avere strascichi, nel caso la reincarnazione delle
anime non fosse una ipotesi tra le altre ma una certezza nel tempo prossimo a
venire acquisita.
Ci
pareva bello poi, che nel momento esatto in cui avremmo seppellito le sue
ceneri nel giardino di casa la cometa potesse apparire ed in qualche modo,
scientificamente non dimostrabile, illuminare tutta la scena.
Il
9 aprile passammo buona parte del giorno a naso in sù in direzione est, da dove
secondo gli appunti lasciati da mio padre dietro il certificato di possesso,
avrebbe dovuto apparire la scia luminosa. Verso sera ci sembrò di percepire dei
movimenti nell’area prestabilita: ma fu un falso allarme.
Il
fatto era che per quanto avessimo cercato su libri, riviste di settore ed
internet, non vi era traccia del possibile passaggio di FT70123, la cometa che,
da certificato, mio padre aveva regalato a mia madre.
Possedevamo
niente più che un pezzo di carta con il timbro Agenzia Aerospaziale Italiana
rilasciato in data 10 giugno 1972 da un non meglio identificato ufficio sito in
Via Curtatone e Montanara 12 a Frosinone, dove ora risultava esserci la sede di
uno studio di avvocati.
Della
cometa non apparve traccia nemmeno la notte, quando per leggi della fisica
assodate, sarebbe risultata perlomeno più visibile, pur se confusa in mezzo a
tutte le altre stelle a brillare nel cielo.
Ci
rassegnammo perciò a seppellire le ceneri di nostra madre il mattino del 10
aprile alle ore 11, quando al di sopra delle nostre teste l’unica cosa che si
muoveva erano due merli che dovevano aver figliato in zona.
Fu
nel momento preciso in cui cominciammo a ricoprire l’urna di terra che ci
accorgemmo di quell’uomo al cancello, vestito di nero con una cravatta gialla,
i capelli bianchi leggermente lunghi ed una cometa stilizzata di cartone
colorato d’argento tra le braccia.
E
mentre mia sorella scoppiava in singulti che si muovevano nel territorio tra il
pianto ed il riso, a me riusciva solo di pensare che se quello era mio padre,
per qualche motivo da comprendere prossimamente mia madre gli aveva voluto
bene.
E forse, col tempo, avrei dovuto volergli bene anch’io.
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