domenica 31 marzo 2019

DOPO TUTTI QUESTI ANNI di Monica Capomonte


All’inizio mi prese il cappello, che avevo lasciato su quella panca all’aeroporto. Pensai a un furto, a un ladro, se ne incontrano ogni giorno. Poi invece lui si fece incontro, sorridente: “questo deve essere suo. Lo aveva dimenticato laggiù.” Provai a rispondere: “Veramente io …” Ma i suoi occhi. Dio, quei suoi, che ti guardavano attraverso il viso, attraverso i vestiti. Finimmo a letto, a fare l’amore, che non ancora non sapevo del tutto il suo nome. Jacques, un nome francese, o qualcosa del genere. Rivestendomi, mentre lui farfugliava al telefono parole che non comprendevo, mi resi conto che era il cuore che mi aveva rubato.
Lo baciai, sulla porta di quella camera d’albergo, vicino all’aeroporto. “Mi chiamerai?” chiesi come una bambina di sedici anni.
“Ma no” disse lui, e rideva “è stato tutto un trucco. Io fingo sempre di rubare i cappelli a tutte le donne che incontro in viaggio. Poi bevo un caffè con loro, le invito a cena e … Ah, non scordo mai di provocare scioperi e ritardi per migliaia di viaggiatori, così da poter dormire insieme in un albergo, la stessa notte. Un piano ben congegnato, no?”
Anche io risi, e lo baciai di nuovo. Stringendo tra le dita il biglietto con il suo numero di telefono scritto a pennarello blu.
Eppure lui non aggiunse altro. Non disse “ma certo che ti chiamerò” ma riprese a guardarmi per un breve lunghissimo istante, con quegli occhi che di nuovo mi spogliavano tutta, e si allontanò.
E non mi chiamò.
SignoreiddioBenedettoSantissimo.
MadonnachescioglieinodiverginesantissimadiCaserta
Non mi richiamò.
E quel numero? Il suo, intendo.
Semplicemente uguale al mio, solo al contrario.

Aveva finto di rubare il mio cappello, aveva bevuto un caffè con me, mi aveva invitato a cena, aveva provocato uno sciopero generale, mi aveva portato a letto.
Dopo tutti questi anni, non trovo una spiegazione migliore di questa.

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