Mentre
camminava nell’aria fresca delle sette, per arrivare in anticipo al lavoro e
mettere subito mano definitiva a quella pratica che da troppo tempo lo teneva
occupato, venne distratto dal rimbalzare di una pallina da tennis, lungo la via
in leggera discesa. Non ebbe nemmeno il tempo di percepire precisamente il
punto da cui questa era arrivata, che si incollò con lo sguardo a controllarne
le traiettorie, sempre più brevi e destinate alla quiescenza.
Sperando,
neanche troppo inconsciamente, che il momento definitivo rimanesse lontano.
Apparentemente
(rimbalzando contro le macchine in sosta) la pallina acquistava un leggero
nuovo abbrivio, che unito al fatto che la strada fosse in discesa, poteva far
pensare che non sarebbe stato così immediato, per la forza di gravità, di avere
partita vinta. Ma in realtà più il tempo passava, più era matematico che la
spinta propulsiva si fermasse e la pallina divenisse un semplice oggetto
inanimato.
Solo
qualche tempo, quando tutto era finito e più chiari gli apparivano i fatti, si
chiese, il geometra Manlio Podavini, cosa lo avesse spinto a rincorrere la
pallina e a colpirla, a venti centimetri dal suolo, ributtandola verso l’alto
alla ricerca di una nuova energia. E perché lo avesse poi rifatto, non una ma
mille e più volte, non appena la piccola sfera sembrava perdere forza.
E
la sua risposta a se stesso era stata: “Mi andava di giocare “.
Giocando,
perciò, aveva alla fine camminato per trentadue chilometri, ripristinando ad
intervalli irregolari il moto di una pallina da tennis, che seguendo le sue
traiettorie inesplicabili lo aveva condotto fuori dalla città.
Non
che non gli fosse mai passato per la testa, in quel percorso, che stava facendo
una cosa senza senso; solo che, alla fine, gli era sembrato che mantenere in
vita un movimento fosse, in quella circostanza, molto ma molto importante:
qualcosa che confinava con il perdurare dell’inaspettato nel mondo. E
nell’abbandonarsi senza pensiero a quell’andare e nel variare senza logica il
percorso, a tratti gli era pervenuta una sensazione di libertà da tempo
impraticata, come se tutta la logica che permeava la sua vita potesse essere in
quei momenti accantonata.
Che
ci fosse invece nel suo muoversi un disegno preciso, dovettero pensarlo due
vigili urbani in bicicletta, che dal chilometro 10 del suo girovagare
iniziarono a seguirlo, piuttosto insospettiti, in attesa di comunicazione dalla
sede operativa. I quali si sentirono anche successivamente preoccupati, nel
momento in cui, un paio di ragazzini, di ritorno dalla scuola, si unirono
all’apparente assurdo gioco, sostituendo il geometra nel tratto di strada in
cui lui si fermò ad espletare un bisogno primario, della cui necessità la
pallina, nel suo movimento, non poteva avere consapevolezza.
Ma
che infine entrarono in uno stato di tranquillità ed in parte anche di
divertimento, una volta ottenuta comunicazione di continuare a seguire
tranquillamente l’evento in questione, pronti ad intervenire, casomai, solo in
caso di effettivo blocco della circolazione stradale.
La
strana piccola comitiva che si era formata, proseguì così fino al punto esatto
in cui la scelta della pallina sarebbe stata di sterzare verso il mare o
proseguire verso l’incrocio con la strada statale, piena di camion che ne
avrebbero potuto bloccare il movimento in maniera definitiva, oppure prorogarlo
all’infinito nel mondo percorribile.
Fu
allora che il geometra Manlio Prevedini si sorprese a desiderare di intervenire
sull’apparente casualità del movimento, indirizzando in maniera decisa la
pallina, con un colpo di taglio della mano destra, verso la strada principale;
scoprendosi così attratto dall’ignoto molto più di quanto immaginasse.
Solo
che dopo un paio di rimbalzi, direzionalmente precisi, la pallina, colpendo
probabilmente un sasso o una rimanenza di catrame, ritornò d’improvviso sulle
sue tracce, finendo con l’indebolire la sua forza propulsiva davanti al vigile
più alto, il quale inaspettatamente per il collega, la colpì spedendola
decisamente in direzione del mare.
Nell’ultimo
chilometro e mezzo del suo allontanarsi dall’impulso originale venne la pallina
spinta a turno anche dai ragazzini e dai vigili, con l’aggiunta nel pezzo
finale del proprietario di uno stabilimento balneare di ritorno da un piccolo
controllo delle attrezzature. Fino a quando, per legge naturale, a contatto con
la sabbia della spiaggia, si adagiò in maniera definitiva, lasciando la piccola
comitiva in preda ad un misto di delusione e di dubbio sul da farsi.
Fu
allora che il ragazzino più minuto, con gli occhi sgranati, indicò deciso il
mare. E tutti videro, per la prima volta nella loro vita, in lontananza,
passare le balene.
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