domenica 31 ottobre 2021

IL DELITTO DELLA TASSINAIA di Narciso Fenice Ramparti

Venerdì 13 aprile 1951, nei boschi di Tassinaia, frazione di Villore nel comune di Vicchio, venne ritrovato dopo affannose ricerche il corpo martoriato e sfigurato del Bonini, venditore ambulante di Rostolena di Vicchio scomparso due giorni prima: era stato ucciso con diciannove coltellate, vibrate alla schiena, al petto, e soprattutto al viso, reso così irriconoscibile (da La Nazione: 'con la faccia maciullata... il volto tutto squarci, tutto un grumo di sangue'). Il corpo era inoltre legato con un filo elettrico, i pugni stretti sopra la testa, riverso nel fango, fra i rovi. Gli erano stati sottratti portafoglio e documenti. Il responsabile del misfatto era già stato individuato alcune ore prima nel contadino ventiseienne Pietro Pacciani; la di lui fidanzata Miranda Bugli venne a sua volta accusata di concorso in omicidio.

Indirizzati i carabinieri nel rinvenimento del corpo come nel ritrovamento dell'arma del delitto e del portafogli della vittima, che rivelò di aver nascosto in casa (in un anfratto del camino l'una, poi spostata nel forno da sua madre, sotto una mattonella l'altro), Pacciani negò ogni pianificazione dell'omicidio, sostenendo di essersi trovato sul luogo in quanto stava aspettando Miranda in una sua abituale area di pascolo; l'avrebbe dunque scorta, con sua sorpresa e disappunto, arrivare in compagnia del Bonini: seguitili fino ad una vicina macchia ascoltando la loro conversazione, non appena i due iniziarono a scambiarsi effusioni, Pietro, fuori di sé, si sarebbe fatto avanti per far valere le proprie ragioni; a suo dire, Miranda appena lo vide gli avrebbe gridato 'Ammazzalo, ammazzalo, mi voleva prendere con la forza...', ma fattosi sotto per picchiarlo sarebbe stato sopraffatto dal robusto e alto Bonini e costretto a difendersi disperatamente col coltello ('Ebbi a difendermi, sennò morivo io...' come ricorderà negli anni '90).

Il Bonini, che girava i paesi del comune di Vicchio vendendo e comprando pelli e merci varie a domicilio, mercoledì 11 aprile si era fermato per pranzo nei pressi di Villore, a casa di un suo cliente abituale, il fattore Carlo. A tavola aveva come suo solito preso garbatamente a flirtare colla sedicenne figliastra dello stesso, Miranda.

Dopo un pasto a base di pane e carne secca, il Bonini si congedò e uscì, seguito subito dopo dalla ragazza, che doveva portare le pecore a pascolare: i due si intrattennero in passeggiata fino ai vicini boschi della Tassinaia, dove si fermarono in uno spiazzo erboso e, pare, cominciarono ad amoreggiare. A quel punto, dai cespugli apparve improvvisamente Pietro, che si scagliò contro il Bonini, aggredendolo furiosamente con una pietra e con molteplici coltellate al petto, alla schiena e sopratutto al volto e alla testa. Sottrattogli il portafoglio e lasciatolo a terra morto, il Pacciani avrebbe costretto Miranda ad un rapporto sessuale proprio accanto al cadavere straziato di Severino, che poi occultò fra le frasche col proposito di nasconderlo meglio nottetempo. Concordata una strategia comune (pensata e “imposta” da Pacciani) su come comportarsi, i due rientrarono in paese. Quella notte, sotto una pioggia battente, Pietro tornò sul posto e, servendosi di un filo elettrico per legarlo e trascinarlo, gettò il corpo del Bonini in una vicina macchia di rovi. Avrebbe voluto disfarsene nel vicino laghetto di Maioli, ma il trasporto si rivelò, anche per le condizioni metereologiche, più difficoltoso del previsto, e dovette pertanto risolversi a lasciarlo nella sterpaia dove sarà trovato circa trentasei ore più tardi. Rientrato a casa fradicio e sconvolto, confidò l'accaduto alla madre (un fatto che potrebbe anche significare la totale mancanza di premeditazione), tacendone però al padre. La mattina seguente incontrò Miranda a Vicchio, e le dette undici o dodicimila lire, la metà di quanto trovato nel portafoglio del Bonini, raccomandandole il più assoluto silenzio sulla faccenda (ma anche la ragazza si sarebbe poi confidata con la propria madre). Giovedì pomeriggio, come si legge su La Nazione di pochi giorni dopo, Pacciani 'andò al circolo a giocare, vinse e offrì da bere a tutti'.  Nel frattempo, allarmati dalla scomparsa di Severino, i suoi quattro fratelli avevano avvertito i carabinieri e si erano dati con alcuni loro cugini a ripercorrerne le tracce (nei paesi tutti vedono tutti) fino a casa di Miranda; appreso che la ragazza era l'ultima persona ad esser stata vista con l'uomo, i Bonini la interrogarono privatamente: messa alle strette, Miranda ammise di sapere e rivelò che Severino era morto, ammazzato a coltellate dal suo fidanzato, che li aveva sorpresi insieme. La giovane venne dunque prelevata dai carabinieri e interrogata presso il comando di Vicchio fino a tarda notte; Pietro venne tratto in arresto nelle primissime ore del mattino: dopo un iniziale tentativo di negare, ammise in lacrime la propria colpevolezza, disperandosi e sbattendo la testa contro il muro.

Ovviamente la versione di Pacciani descrive il delitto come passionale, giustificabile, quasi necessario: Bonini avrebbe convinto la ragazza a concedersi dietro compenso di duemila lire, e Pietro, folle di gelosia nel vederli amoreggiare, sarebbe uscito allo scoperto quando scorse l'uomo abbrancare il prosperoso seno di Miranda (in particolare, oltre quarant'anni più tardi, si insisterà sul riferimento di Pacciani alla mammella sinistra scoperta dalla ragazza durante i preliminari amorosi, in un tentativo collegamento con la morbosa e feticistica attenzione che il Mostro di Firenze riserverà al seno sinistro di diverse sue vittime femminili, trafiggendolo o, negli ultimi due casi, escindendolo). Inoltre, Pacciani negò di essersi congiunto con Miranda dopo il delitto, infine ammettendo solo dopo molteplici dinieghi

Il delitto sconcertò la locale comunità montana, strettasi con partecipe cordoglio intorno alla famiglia Bonini, e fece grande scalpore in tutto il Mugello e nella provincia fiorentina: fu persino immortalato in una ballata (Delitto a Tassinaia di Vicchio) da uno degli ultimi cantastorie locali, Aldo Fezzi, meglio noto come i'Giubba, che, nel suo stile senza pretese, ne perpetuò la triste memoria già da quella stessa estate e nelle successive, per anni, alle feste di paese. Il successo della stessa spinse l'editrice Vallecchi a stamparne in quei mesi una versione illustrata. Essendone variamente disponibile in rete l'intera trascrizione ci limitiamo qui a riportarne i passaggi salienti:

 

un giovanotto iniquo e fello (…),

tal Pier Pacciani ha ventisei anni,

che a parlarne il sangue si ghiaccia (…).

Inferocito sorte dal cespuglio e (…)

disse ambedue vi voglio ammazzar.

Col coltello a serramanico

il sanguinario come fé Caino,

questo squilibrato paccianino,

diciannove colpi su lui vibrò. (…)

Giovanotti all'amore voi fate,

è bene ognuno abbia la fidanzata,

ma se sapete che è donna depravata,

come Pacciani non dovete far.

 

Il processo, tenutosi alla fine di dicembre, venne seguito con trepidazione dalla stampa e dall'opinione pubblica locali. I due imputati negarono ogni premeditazione, pur perseverando nelle rispettive, contrastanti, versioni: Pietro affermava di essere stato incitato dalla ragazza che avrebbe lamentato un tentativo di violenza, mentre Miranda confermava di aver subito violenza, ma sosteneva di aver detto 'Picchialo', non 'Ammazzalo', e di aver assistito attonita al repentino assalto del geloso fidanzato, temendo per la propria vita e così rassegnandosi persino a compiacerlo dopo il misfatto. Il pubblico ministero Sica era convinto che il delitto fosse stato premeditato a scopo di rapina e perpetrato da entrambi i ragazzi, con Miranda come consapevole esca ma anche come attivamente partecipe nell'aggressione. Il bosco di Tassinaia era un luogo di usuale ritrovo dei due imputati, e pareva sospetto che la vittima fosse stata portata proprio lì. Anche il fatto che il Bonini avesse una relazione con una ragazza di Poggiosecco, tale Laurina, rendeva implausibile per l'accusa il fatto che egli intendesse corteggiare Miranda. Pertanto Sica chiedeva trent'anni per Pacciani e ventidue per la Bugli. Nondimeno la difesa riuscì a mitigare la posizione degli accusati agli occhi della corte, che il 5 gennaio 1952 condannò Pietro Pacciani a ventidue anni per omicidio e furto aggravato e Miranda a sei anni e sei mesi per concorso in omicidio. La sentenza fu confermata in appello circa un anno più tardi.


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