Venerdì 13 aprile 1951, nei boschi di Tassinaia, frazione di Villore nel comune di Vicchio, venne ritrovato dopo affannose ricerche il corpo martoriato e sfigurato del Bonini, venditore ambulante di Rostolena di Vicchio scomparso due giorni prima: era stato ucciso con diciannove coltellate, vibrate alla schiena, al petto, e soprattutto al viso, reso così irriconoscibile (da La Nazione: 'con la faccia maciullata... il volto tutto squarci, tutto un grumo di sangue'). Il corpo era inoltre legato con un filo elettrico, i pugni stretti sopra la testa, riverso nel fango, fra i rovi. Gli erano stati sottratti portafoglio e documenti. Il responsabile del misfatto era già stato individuato alcune ore prima nel contadino ventiseienne Pietro Pacciani; la di lui fidanzata Miranda Bugli venne a sua volta accusata di concorso in omicidio.
Indirizzati
i carabinieri nel rinvenimento del corpo come nel ritrovamento dell'arma del
delitto e del portafogli della vittima, che rivelò di aver nascosto in casa (in
un anfratto del camino l'una, poi spostata nel forno da sua madre, sotto una
mattonella l'altro), Pacciani negò ogni pianificazione dell'omicidio,
sostenendo di essersi trovato sul luogo in quanto stava aspettando Miranda in
una sua abituale area di pascolo; l'avrebbe dunque scorta, con sua sorpresa e
disappunto, arrivare in compagnia del Bonini: seguitili fino ad una vicina
macchia ascoltando la loro conversazione, non appena i due iniziarono a
scambiarsi effusioni, Pietro, fuori di sé, si sarebbe fatto avanti per far valere
le proprie ragioni; a suo dire, Miranda appena lo vide gli avrebbe gridato
'Ammazzalo, ammazzalo, mi voleva prendere con la forza...', ma fattosi sotto
per picchiarlo sarebbe stato sopraffatto dal robusto e alto Bonini e costretto
a difendersi disperatamente col coltello ('Ebbi a difendermi, sennò morivo
io...' come ricorderà negli anni '90).
Il
Bonini, che girava i paesi del comune di Vicchio vendendo e comprando pelli e
merci varie a domicilio, mercoledì 11 aprile si era fermato per pranzo nei
pressi di Villore, a casa di un suo cliente abituale, il fattore Carlo. A
tavola aveva come suo solito preso garbatamente a flirtare colla sedicenne
figliastra dello stesso, Miranda.
Dopo
un pasto a base di pane e carne secca, il Bonini si congedò e uscì, seguito
subito dopo dalla ragazza, che doveva portare le pecore a pascolare: i due si
intrattennero in passeggiata fino ai vicini boschi della Tassinaia, dove si
fermarono in uno spiazzo erboso e, pare, cominciarono ad amoreggiare. A quel
punto, dai cespugli apparve improvvisamente Pietro, che si scagliò contro il
Bonini, aggredendolo furiosamente con una pietra e con molteplici coltellate al
petto, alla schiena e sopratutto al volto e alla testa. Sottrattogli il
portafoglio e lasciatolo a terra morto, il Pacciani avrebbe costretto Miranda
ad un rapporto sessuale proprio accanto al cadavere straziato di Severino, che
poi occultò fra le frasche col proposito di nasconderlo meglio nottetempo.
Concordata una strategia comune (pensata e “imposta” da Pacciani) su come comportarsi,
i due rientrarono in paese. Quella notte, sotto una pioggia battente, Pietro
tornò sul posto e, servendosi di un filo elettrico per legarlo e trascinarlo,
gettò il corpo del Bonini in una vicina macchia di rovi. Avrebbe voluto
disfarsene nel vicino laghetto di Maioli, ma il trasporto si rivelò, anche per
le condizioni metereologiche, più difficoltoso del previsto, e dovette pertanto
risolversi a lasciarlo nella sterpaia dove sarà trovato circa trentasei ore più
tardi. Rientrato a casa fradicio e sconvolto, confidò l'accaduto alla madre (un
fatto che potrebbe anche significare la totale mancanza di premeditazione),
tacendone però al padre. La mattina seguente incontrò Miranda a Vicchio, e le
dette undici o dodicimila lire, la metà di quanto trovato nel portafoglio del
Bonini, raccomandandole il più assoluto silenzio sulla faccenda (ma anche la
ragazza si sarebbe poi confidata con la propria madre). Giovedì pomeriggio,
come si legge su La Nazione di pochi giorni dopo, Pacciani 'andò al circolo a giocare,
vinse e offrì da bere a tutti'. Nel
frattempo, allarmati dalla scomparsa di Severino, i suoi quattro fratelli
avevano avvertito i carabinieri e si erano dati con alcuni loro cugini a
ripercorrerne le tracce (nei paesi tutti vedono tutti) fino a casa di Miranda;
appreso che la ragazza era l'ultima persona ad esser stata vista con l'uomo, i
Bonini la interrogarono privatamente: messa alle strette, Miranda ammise di
sapere e rivelò che Severino era morto, ammazzato a coltellate dal suo
fidanzato, che li aveva sorpresi insieme. La giovane venne dunque prelevata dai
carabinieri e interrogata presso il comando di Vicchio fino a tarda notte;
Pietro venne tratto in arresto nelle primissime ore del mattino: dopo un
iniziale tentativo di negare, ammise in lacrime la propria colpevolezza,
disperandosi e sbattendo la testa contro il muro.
Ovviamente
la versione di Pacciani descrive il delitto come passionale, giustificabile,
quasi necessario: Bonini avrebbe convinto la ragazza a concedersi dietro
compenso di duemila lire, e Pietro, folle di gelosia nel vederli amoreggiare,
sarebbe uscito allo scoperto quando scorse l'uomo abbrancare il prosperoso seno
di Miranda (in particolare, oltre quarant'anni più tardi, si insisterà sul
riferimento di Pacciani alla mammella sinistra scoperta dalla ragazza durante i
preliminari amorosi, in un tentativo collegamento con la morbosa e feticistica
attenzione che il Mostro di Firenze riserverà al seno sinistro di diverse sue
vittime femminili, trafiggendolo o, negli ultimi due casi, escindendolo).
Inoltre, Pacciani negò di essersi congiunto con Miranda dopo il delitto, infine
ammettendo solo dopo molteplici dinieghi
Il
delitto sconcertò la locale comunità montana, strettasi con partecipe cordoglio
intorno alla famiglia Bonini, e fece grande scalpore in tutto il Mugello e
nella provincia fiorentina: fu persino immortalato in una ballata (Delitto a
Tassinaia di Vicchio) da uno degli ultimi cantastorie locali, Aldo Fezzi,
meglio noto come i'Giubba, che, nel suo stile senza pretese, ne perpetuò la
triste memoria già da quella stessa estate e nelle successive, per anni, alle
feste di paese. Il successo della stessa spinse l'editrice Vallecchi a
stamparne in quei mesi una versione illustrata. Essendone variamente
disponibile in rete l'intera trascrizione ci limitiamo qui a riportarne i
passaggi salienti:
un
giovanotto iniquo e fello (…),
tal
Pier Pacciani ha ventisei anni,
che
a parlarne il sangue si ghiaccia (…).
Inferocito
sorte dal cespuglio e (…)
disse
ambedue vi voglio ammazzar.
Col
coltello a serramanico
il
sanguinario come fé Caino,
questo
squilibrato paccianino,
diciannove
colpi su lui vibrò. (…)
Giovanotti
all'amore voi fate,
è
bene ognuno abbia la fidanzata,
ma
se sapete che è donna depravata,
come
Pacciani non dovete far.
Il
processo, tenutosi alla fine di dicembre, venne seguito con trepidazione dalla
stampa e dall'opinione pubblica locali. I due imputati negarono ogni
premeditazione, pur perseverando nelle rispettive, contrastanti, versioni:
Pietro affermava di essere stato incitato dalla ragazza che avrebbe lamentato
un tentativo di violenza, mentre Miranda confermava di aver subito violenza, ma
sosteneva di aver detto 'Picchialo', non 'Ammazzalo', e di aver assistito
attonita al repentino assalto del geloso fidanzato, temendo per la propria vita
e così rassegnandosi persino a compiacerlo dopo il misfatto. Il pubblico
ministero Sica era convinto che il delitto fosse stato premeditato a scopo di
rapina e perpetrato da entrambi i ragazzi, con Miranda come consapevole esca ma
anche come attivamente partecipe nell'aggressione. Il bosco di Tassinaia era un
luogo di usuale ritrovo dei due imputati, e pareva sospetto che la vittima
fosse stata portata proprio lì. Anche il fatto che il Bonini avesse una
relazione con una ragazza di Poggiosecco, tale Laurina, rendeva implausibile
per l'accusa il fatto che egli intendesse corteggiare Miranda. Pertanto Sica
chiedeva trent'anni per Pacciani e ventidue per la Bugli. Nondimeno la difesa
riuscì a mitigare la posizione degli accusati agli occhi della corte, che il 5
gennaio 1952 condannò Pietro Pacciani a ventidue anni per omicidio e furto
aggravato e Miranda a sei anni e sei mesi per concorso in omicidio. La sentenza
fu confermata in appello circa un anno più tardi.
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