lunedì 31 gennaio 2022

NAPOLI CLUB CILEA di Monica Capomonte

Giorgia se ne arrivò di corsa, saltando i gradini dispari, come le piaceva fare. Sorrideva come un poster della parrucchiera e spalancò la porta con aria trionfale: “il nostro Napoli Club è stato approvato!” Che poi a dirla così ti immagini chissaquale trafila di carte bollate, commissioni che si riuniscono la notte, pareri della Soprintendenza. In realtà Leonardo le aveva detto che Salvo gli aveva fatto sapere che sì, il Capo Supremo degli Ultras nel nostro settore, Ciccio Gargiulo, aveva sorriso. E quando Ciccio sorrideva voleva dire pollice alzato dell’Imperatore, semaforo verde, la Nasa che approva la missione dello Shuttle. Era fatta. Giorgia si fiondò sul divano lanciando in aria le gambe e finendo come al solito con la sottana in faccia. Di lì a pochi anni un gesto del genere avrebbe fatto salire la pressione a diversi ragazzi che le avrebbero girato intorno. Ma adesso aveva ancora dodici anni, le gambe magre come un tubo di gomma e i capelli riccioluti alla Maradona, quindi se lo poteva ancora permettere. Si era messa perfino un filo di lucido intorno alle labbra e i suoi occhioni sparati facevano dimenticare il filino di moccio che le si era seccato sotto al naso: era raggiante. Aveva fatto una cosa da uomini e l’aveva fatta nella maniera migliore, vale a dire fatta da una donna. Suo fratello Alessio quasi buttò via la merendina briciolosa alla marmellata che stava mangiando, poi ci ripensò e continuando a masticare si mise a sedere accanto a lei, annuendo dandole una strizzata paurosa al braccio, che nel suo linguaggio significava approvazione e affetto incondizionato. Lei continuò a sorridere e questo non le impedì di notare che era il terzo giorno di fila che lo vedeva con la stessa maglietta bianca con le strisce spesse rosse. Il ciuffo biondo gli copriva parte del volto e delle briciole, ma non si sarebbe sognata di pettinare con la mano i capelli di suo fratello senza incorrere nella sua vendetta.

-Adesso manca solo bandiera- disse Alessio, pensando al suo ingresso trionfale in Curva B. Il nuovo “Palummella”, a tredici anni.

- Mettiamoci un teschio- disse Giorgia- con i coltelli, la mazza ferrata e due asce incrociate. E poi un ariete. Lance, pugnali. Pistole no, sennò poi pensano che siamo della Camorra.

-Perché non ci mettiamo uno zombie che tiene in bocca una gamba sanguinolenta con calzettone della Juve?- risponde Alessio.

-Si potrebbe scrivere qualcosa contro i ricchioni della Cavese!

-Perché, che ti hanno fatto i ricchioni?

-Nulla, ma odio quelli della Cavese.

Quella sera dissero le loro idee ad Arturo, in cucina, mentre la mamma preparava la cena. Raccontarono tutto, tranne la storia dei ricchioni che sennò la mamma si arrabbiava per via dello zio Vincenzo, e poi si metteva di traverso. Arturo annotò tutto su un quadernetto piccolo come la tasca di una camicia: i mostri di Ghostbusters, i vampiri, le teste mozzate, perfino i missili: “Ve la preparo io la bandiera, non vi preoccupate. Il vostro Club sarà il più terrificante della Curva B.

Due domeniche Giorgia e Alessio erano allo stadio. Il pomeriggio era freddo, ma c’era il sole. Il babbo e Arturo srotolarono la bandiera del Club, con scritto: “Forza Napoli”. E basta.

Alessio e Giorgia si guardarono. Proprio in quel momento Ciccio Gargiulo si fermò sotto di loro. E sorrise.

“Jammo, ja!” disse Alessio al massimo della gioia, salutando i giocatori del Napoli che entravano in campo.

Giorgia era contenta per Gargiulo, per il babbo che era con loro allo stadio, per il Napoli che entrava in campo, per suo fratello che si era cambiato la maglietta.

“Magari aggiungo qualche scritta in pennarello, piccola piccola” disse Giorgia al fratello. Che annuì e sorrise, come faceva Gargiulo.

“Jammo, ja!” gridò Giorgia, ricevendo in cambio una bella strizzata al braccio.

 

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